La rivoluzione delle donne

Pubblicato il 05-11-2020

di Flaminia Morandi

Con le donne, Gesù parla di teologia: come al pozzo di Sicar, con la samaritana. Gesù si lascia toccare dalle donne, anche da quelle che l’ebraismo considerava impure: come l’emorroissa, o la donna di dubbia fama che gli lava i piedi con le lacrime e lo unge di unguento profumato. Gesù va a casa di donne: come Marta e Maria, con le quali forse mangia alla stessa tavola, che Marta si affanna a preparare. Ci sono donne fra i discepoli di Gesù: come Maria che lo ascolta seduta ai suoi piedi. Non solo, ricorda Luca: anche Maria Maddalena, liberata da sette demoni, Giovanna moglie dell’amministratore di Erode, Susanna e molte altre. Gesù ha un’attenzione speciale per le donne, specie se disprezzate: come l’adultera, come la vedova di Nain, come la povera vedova nel tempio. Sotto la croce, mentre i discepoli fuggono, ci sono le donne, insieme al giovane Giovanni. Sono le donne che preparano l’unzione del corpo di Gesù.

Le donne per prime intuiscono la resurrezione, parlano con Gesù risorto e vanno a portare l’annuncio agli uomini. In un affascinante Vangelo apocrifo, il Vangelo di Maria, è Maria Maddalena che dopo la risurrezione spiega ai discepoli il senso spirituale dei discorsi e dei gesti di Gesù. L’ebraismo ha sempre attribuito alla donna il massimo ruolo spirituale, quello della trasmissione della vita, l’aspetto femminile della creazione. Nel Dna della donna c’è la shekinà, la presenza divina. Non a caso si è ebrei solo se la madre è ebrea. Gesù va oltre. Riconosce alla donna un ruolo di discepola e di apostola. I racconti della Chiesa primitiva pullulano di donne attive: Tabità, la prima volontaria, le quattro figlie di Filippo, profetesse, cioè capaci di parlare delle verità cristiane in modo ispirato, Lidia, la prima benefattrice, Damaris, la prima convertita di Paolo, Prisca, sua collaboratrice a Roma, Febe, che Paolo chiama «sorella », Maria, «che ha faticato molto” per i cristiani di Roma, e ancora Evodia e Sintiche, «che hanno combattuto per il Vangelo» con Paolo e hanno problemi ad andare d’accordo: perché sono donne cristiane, cioè personalità libere.

Peccato però che anche Paolo altrove si adegui alla mentalità corrente: «Non permetto alla donna di insegnare… le donne tacciano, siano sottomesse». La donna che ha fede, scrive sant’Ambrogio nel IV secolo, è un uomo perfetto, quella che non crede è donna. Di santa Paola, la ricca romana fondatrice di monasteri in Palestina, san Girolamo dice: Incredibile forza d’animo per una donna! Totalmente dimentica del suo sesso… Nonostante la rivoluzione femminile compiuta da Gesù, dopo di lui rispunta inesorabile il pregiudizio.

Specie dopo il IV secolo, quando la Chiesa diventa Chiesa di stato e si adatta alla mentalità del mondo: che è misogino. L’influenza della mentalità esterna rischia di annacquare il Vangelo e portare guai alla Chiesa: nell’XI secolo la pretesa di prevalere produce la prima divisione dei cristiani, d’Occidente e d’Oriente; nel XV e XVI secolo, la difesa dell’autonomia politica infetta la Chiesa col potere, la ricchezza, il nepotismo e mille vizi che preparano il dramma di un’altra divisione, con i protestanti. Hanno ragione i Padri della Chiesa a dire che la prima virtù cristiana è l’attenzione. Stiamo attenti: la Chiesa siamo noi.

Flaminia Morandi
NP agosto / settembre 2020

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