La nuova alleanza

Pubblicato il 11-09-2020

di Paolo Lambruschi

La pandemia ci ha isolati, ha alzato dei muri virtuali con l’Africa. Eppure è proprio adesso che dovremmo starle più vicini.
Ma ci hanno interessato giustamente di più i problemi sanitari e sociali della fase di isolamento da Coronavirus di casa nostra e dei Paesi ricchi. L’interesse per la fase2 si è orientato, in modo ostile, esclusivamente a nord dei nostri confini perché non abbiamo ricevuto a nostro avviso solidarietà e gli aiuti che volevamo. Il sud è stato ignorato, ma forse potremmo immedesimarci con gli africani per capire cosa significhino disprezzo e pregiudizi dei ricchi settentrionali.
Anni di benessere ce lo avevano fatto scordare.

Dal punto di vista mediatico partivamo da una situazione informativa difficile. Uno studio recente di Amref con l’Osservatorio di Pavia confermava che per la maggior parte dei media italiani l’interesse per l’Africa inizia e finisce in Libia, al massimo si arriva in Egitto e qualche volta in Tunisia. E perlopiù riguarda il tema molto strumentalizzato dei migranti e dei profughi.
Morale, noi italiani nonostante 50 anni di storia coloniale evidentemente ben rimossa dai testi scolastici, avevamo prima del virus – e abbiamo tuttora – un’informazione inadeguata che ci dipingeva l’Africa solo in negativo oppure in versione pubblicità dei villaggi turistici. Eppure per l’Italia sarebbe strategica una informazione di qualità da e sull’Africa per due ragioni. La prima è che la pandemia ci ha insegnato che qualunque cosa accada in un angolo anche remoto del globo riguarda tutti. La seconda è che se ripartono i flussi migratori verso l’Ue, noi siamo in prima linea.

La pandemia grazie a Dio finora ha risparmiato l’Africa. Non c’è stata l’ecatombe che molti temevano grazie forse alla scarse possibilità di rilevazione dell’ infezione, all’età media della popolazione che è di 19,4 anni contro i 40 dell’Europa e i 44 italiani, alla celebrata resilienza africana. Certo il rischio di una recrudescenza esiste, ma ora guardiamo alle altre pandemie aggravate dal Corona. Alla fame, che miete più vittime del Covid-19, e che si aggraverà soprattutto in Africa orientale e nel Corno per i mutamenti climatici che hanno inondato i raccolti, poi distrutti dall’eccezionale sciame di locuste cresciuto nell’acqua delle precipitazioni anomale.

Poi le malattie da denutrizione e mancanza di acqua potabile, malaria e dissenteria. E quindi la miseria e le ingiustizie sociali figlie della corruzione e della scarsa propensione al bene comune delle elites. Il lockdown ha fatto poi perdere il lavoro a tanti migranti precari in giro per il pianeta e quindi ha fatto diminuire le rimesse che per molti Paesi africani rappresentano una cospicua voce nel bilancio interno. E non si è mai fermata la lotta per accaparrarsi le immense risorse minerarie e agricole tra colonizzatori vecchi (francesi e cinesi ) e nuovi (russi e arabi) sottraendoli ai legittimi proprietari, i cittadini.

Tutto questo lascia presagire una ripresa in grande stile dei flussi migratori sia sulle rotte occidentali, dove è forte la pressione dei gruppi terroristici islamisti in Sahel, come su quelle orientali, dove la decisione dell’Etiopia di chiudere i campi profughi degli eritrei non promette nulla di buono. Si rischiano morti lungo le rotte e sofferenze indicibili. Le altre pandemie possono insomma aggravare la crisi del Coronavirus in Africa e quindi in Europa. Ma se vogliamo ridisegnare il mondo dopo la pandemia secondo i valori della libertà, della giustizia e della solidarietà e dell’amore per il creato dobbiamo privilegiare una nuova alleanza con l’Africa, più che mai sorella dell’Europa e dell’Italia.

Paolo Lambruschi
NP giugno / luglio 2020

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