La forza di un sogno

Pubblicato il 25-07-2018

di Matteo Spicuglia

di Matteo Spicuglia - «Ci chiediamo ogni tanto che cosa desideriamo? Che cosa sogniamo veramente? In fondo tutto parte da qui». Simona Atzori oggi parla con la soddisfazione di chi sa di aver fatto un pezzo di strada. Molte cose non sono ancora chiare, i limiti a volte pesano e fanno soffrire, ma la vita ha incontrato una consapevolezza nuova, la forza di chi ha fatto di tutto per realizzare i propri sogni. La storia affascinante di una bambina nata senza le braccia che voleva diventare ballerina e pittrice. Così testarda e determinata da riuscirci. «In fondo – racconta – ho preso alla lettera la mia mamma quando diceva che un sogno non è altro che lo strumento che ognuno di noi ha per realizzarsi veramente».

Come si fa a trasformare un sogno in realtà?

Bisogna crederci, studiare, impegnarsi, anche faticare. Devi avere un fuoco che ti spinge. Io sognavo di fare la ballerina e la pittrice, ma non avevo le braccia. A parte la mia famiglia che ha sempre creduto in me, gli sguardi di chi avevo attorno mi portavano a pensare tutt'altro. Ho capito prestissimo che per realizzare i miei sogni avrei dovuto crederci in modo ancora più forte. Ricordo come fosse ieri il primo saggio di danza. Fu fondamentale…

Perché?

Ricordo la gioia di quando salii sul palcoscenico. Mi sentivo davvero al posto giusto. Ma in quel momento i miei genitori cominciarono a sentire i commenti della gente. «Ma cosa ci fa una bimba senza braccia?» «Come fa ad essere lì?». Per mamma e papà fu una situazione difficile. Non perché si vergognassero, ma perché volevano proteggermi da quegli sguardi. Fosse stato per loro, mi avrebbero presa e portata via. Ma quando si avvicinarono, si accorsero dal mio sorriso che ero la bambina più felice di questo mondo. Nessuno sguardo, nessun commento, nulla ci avrebbe potuto fermare, avrebbe potuto ostacolare il desiderio di essere semplicemente noi stessi. Io non volevo dimostrare nulla, ma soltanto mostrare quello che ero, comunicare che la nostra diversità aveva lo stesso valore di quella degli altri.

Come si accoglie la propria unicità?

È un viaggio in cui conoscersi continuamente. Anche quando si soffre, si sta male, si possono cogliere sfumature inaspettate: amarsi per come si è, ma senza alcuna rassegnazione. Io l’ho imparato proprio dai miei genitori, nella loro capacità di accogliermi nonostante le difficoltà. Mia mamma qualche tempo prima di morire mi disse una frase bellissima, mi confidò di aver capito di essere nata per diventare mia mamma. In queste parole c’è tutta la sua vita e quella di mio papà. Loro non sapevano assolutamente come gestire una figlia come me, però furono capaci di vedere subito oltre. Mi aiutarono a cambiare la prospettiva, a partire da quello che avevo e non da quello che mi mancava. La cosa più bella è sapere che sono riusciti tutti e due a vedermi felice, realizzata.

Quando ci si sente così, si entra in relazione anche con tante persone, si può essere un segno di speranza…

Beh, sì. Direi che si può diventare un dono per l’altro. Io l’ho capito negli ultimi tempi. Quando abbiamo un sogno, il rischio è di sognare per se stessi, di pensare solo a quello che desideri tu. In realtà, camminando scopri che ci sono un sacco di persone che vivono quel sogno insieme a te e che tu puoi essere dono. Senza che ce ne accorgiamo possiamo generare vita, ritrovarci in qualcosa che non avremmo mai immaginato. Ognuno di noi dovrebbe ricordarsi sempre di essere speciale. Abbiamo il diritto, ma soprattutto il dovere di farlo, anche per gli altri. Magari una nostra esperienza può essere una chiave di cambiamento per chi ci è vicino. Se le nostre vite si incrociano e si sfiorano un motivo c’è. Siamo tutti responsabili gli uni degli altri.

Questo vale soprattutto per i giovani che spesso fanno fatica…

Tutti facciamo fatica. Quante volte le situazioni della vita fanno soffrire! Devo dire che quando incontro i ragazzi trovo sempre un terreno molto fertile, nonostante paure, dubbi, insicurezze. Forse spetta più a noi adulti, genitori, educatori il compito di dare un esempio. Non possiamo pretendere che i giovani siano in grado di fare qualcosa quando noi non gli permettiamo di vedere che è possibile realizzarla. Io questa speranza l’ho vista in mia mamma. Una delle sue ultime frasi fu questa: Simona vivi la tua vita con serenità come ho sempre fatto io. Non come ti ho raccontato, ma come ti ho mostrato. Lei nonostante le difficoltà, è stata una donna che ha amato sempre la vita e fino alla fine è stata così. Ho capito che non c’è insegnamento migliore se non quello di essere ciò che diciamo. In una parola, essere credibili.

da leggere

Nel suo nuovo libro, Simona Atzori racconta il percorso eccezionale che l'ha portata a scoprire le sue potenzialità e insieme ad accettare i propri limiti. In una restituzione strutturata per aneddoti, consigli ed esercizi, Simona suggerisce che per essere padroni della propria vita non bisogna rivolgere lo sguardo fuori da sé, cercare di studiare affannosamente le circostanze nel tentativo di adattarvisi il meglio possibile. Meglio comportarsi al contrario: guardarsi dentro. Solo così potremo accogliere la nostra natura e imboccare la strada che più ci corrisponde. Solo così riusciremo a liberare l'enorme potere che tutti abbiamo ma che troppo spesso finiamo per soffocare: scegliere consapevolmente di essere felici. La vita è un dono, sostiene Simona. Ci saranno cadute, tempeste, emozioni, sorrisi e lacrime, ma qual è il senso se non si è protagonisti della propria?

Simona Atzori - La strada nuova - Giunti Editore

 

Matteo Spicuglia
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