La forza della croce

Pubblicato il 12-01-2022

di Domenico Agasso

La diffusione del simbolo di Gesù in Croce non si conta: «Al collo, in casa, in macchina, in tasca». Ma non bisogna ridurre il crocifisso «a un oggetto di devozione, tanto meno a un simbolo politico, a un segno di rilevanza religiosa e sociale». Non è una «bandiera da innalzare». Parola di papa Francesco. Nella sua terza giornata in Slovacchia il 14 settembre, dopo la visita-lampo a Budapest, il pontefice si trasferisce fuori dalla capitale Bratislava, in particolare a Kosice e a Presov, per gli incontri con i fedeli greco-cattolici, la comunità rom e i giovani. A soli 20 km dal confine ungherese, presiede nel piazzale del Mestskà Sportovà Hala a Presov la Divina Liturgia Bizantina di San Giovanni Crisostomo.

La croce «era strumento di morte, eppure da lì è venuta la vita. Era ciò che nessuno voleva guardare, eppure ci ha rivelato la bellezza dell'amore di Dio». Evidenzia il Papa. Il Vangelo di San Giovanni «ci prende per mano e ci aiuta a entrare in questo mistero. L'evangelista, infatti, stava proprio lì, sotto la croce. Contempla Gesù, già morto, appeso al legno, e scrive: "Chi ha visto ne dà testimonianza"».
Agli occhi del mondo la croce «è un fallimento. E anche noi rischiamo di fermarci a questo primo sguardo, superficiale, di non accettare la logica della croce». Quante volte «aspiriamo a un cristianesimo da vincitori, a un cristianesimo trionfalistico, che abbia rilevanza e importanza, che riceva gloria e onore. Ma – avverte – un cristianesimo senza croce è mondano e diventa sterile».
San Giovanni, invece, «ha visto nella croce l'opera di Dio. Ha visto che egli, malgrado le apparenze, non è un perdente, ma è Dio che volontariamente si offre per ogni uomo».

Si domanda Francesco: «Come possiamo imparare a vedere la gloria nella croce?». Alcuni santi hanno insegnato che la croce «è come un libro che, per conoscerlo, bisogna aprire e leggere». Lo stesso vale «per la croce: è dipinta o scolpita in ogni angolo delle nostre chiese. Non si contano i crocifissi: al collo, in casa, in macchina, in tasca. Ma non serve se non ci fermiamo a guardare il Crocifisso e non gli apriamo il cuore, se non ci lasciamo stupire dalle sue piaghe aperte per noi, se il cuore non si gonfia di commozione e non piangiamo davanti al Dio ferito d'amore per noi. Se non facciamo così, la croce rimane un libro non letto, di cui si conoscono bene il titolo e l'autore, ma che non incide nella vita». Ecco l'appello di papa Francesco: «Non riduciamo la croce a un oggetto di devozione, tanto meno a un simbolo politico, a un segno di rilevanza religiosa e sociale».
Francesco pensa anche «ai nostri tempi, in cui non mancano occasioni per testimoniare. La testimonianza può essere inficiata dalla mondanità e dalla mediocrità. La croce esige invece una testimonianza limpida». Perché non vuole «essere una bandiera da innalzare, ma la sorgente pura di un modo nuovo di vivere». Quale? «Quello del Vangelo, quello delle Beatitudini».


Domenico Agasso
NP ottobre 2021

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