La difficile rinascita

Pubblicato il 17-06-2025

di Claudio Monge

Sono passati poco più di due anni dal 6 febbraio 2023, quando un terremoto di magnitudo 7,8 colpì la Turchia sudoccidentale e la vicina Siria. Più di 53.700 vittime accertate in Turchia e almeno 6mila nel Paese confinante, già devastato da anni di guerra civile. Il 70% delle case fu raso al suolo. La maggior parte dei sopravvissuti del vasto fronte sismico lasciò fin dal principio il territorio devastato.

La città di Antakya, la storica capitale della provincia di Hatay, più conosciuta in Occidente con il nome di Antiochia, subì le scosse più forti e distruttive per la prossimità di una faglia sismica. Dopo lunghi mesi di faticoso lavoro di sgombero di tonnellate di detriti, non è facilissimo capire, a oggi, a che punto siano i piani di ricostruzione, e le speranze di riabilitazione del territorio, rendendolo possibilmente anche meno vulnerabile a eventi certo catastrofici e imponderabili, ma il cui impatto avrebbe potuto essere molto meno grave in presenza di infrastrutture adeguate. Molti dei sopravvissuti, che hanno fatto la scelta di non partire, vincendo la paura e sopportando la precarietà di container spartani, hanno presentato domanda per un appartamento sociale all’agenzia statale per l’edilizia popolare, TOKİ, ma stanno spesso ancora aspettando. Il 26 gennaio, il ministero dell’Urbanistica ha annunciato che 201.580 case e negozi sono stati restituiti nella zona del terremoto e ha promesso un totale di 453mila nuclei abitativi entro la fine del 2025. Il problema è associare una certa rapidità di tempi con criteri costruttivi che offrano sufficienti garanzie di rispetto di basilari normative antisismiche, in passato spesso ignorate. Il nuovo masterplan, progettato nel 2024 da un team di architetti turchi e stranieri del Turkey Design Council, si concentra prima di tutto sulla parte moderna della città, sulla riva occidentale del fiume Oronte: un’area di 500mila metri quadrati che includerà 5mila unità abitative e 2mila negozi. Ma la città vecchia, erede dell’urbe fondata nel 300 a. C. da uno dei generali di Alessandro Magno, che ospitava i monumenti più preziosi di Antakya, si trova a est dell’Oronte.

Questa zona, testimonianza non solo di un passato glorioso, ma intreccio culturale unico frutto del contributo di aleviti, arabi, turchi, ebrei, armeni e greci, ha visto pochi progressi secondo il Middle East Eye. Furkan Demirci, presidente del Turkey Design Council, stima a 1 miliardo di dollari i costi dei lavori, una cifra, in realtà, decisamente sottostimata, visto che i ben informati parlano di un budget almeno dieci volte superiore indispensabile per la ricostruzione completa del centro urbano che, a oggi, sembra ancora un territorio di guerra. Il Comune, insieme all’architetto Bunyamin Derman e allo studio britannico Foster and Partners, sta modificando la planimetria a unico centro di Antakya, passando all’idea di città aperta multicentrica. C’è chi dice che questi cambiamenti sono una scelta in parte obbligata per l’impossibilità di una ricostruzione della vecchia planimetria, visto che molti vecchi edifici non sono mai stati registrati correttamente.

Si sta lavorando, con i principali rappresentanti della società civile, per la preparazione di una Mappa della memoria della vecchia Antakya, nel tentativo di ricostruire i ricordi, colori e suoni della città che fu. Nelle ultime settimane è stato richiesto anche l’aiuto dell’archeologia. L’ampio archivio di fotografie, di mappe e di rilievi degli scavi archeologici condotti tra il 1932-39, dall’equipe dell’Università di Princeton, sotto la direzione di George W. Elderkin, è attualmente sotto la lente di ingrandimento degli architetti del Turkey Design Council: ricerche indispensabili che però comporteranno una ulteriore inevitabile dilatazione dei tempi di ricostruzione e dei costi complessivi della stessa. Potrebbero servire altri cinque anni per rendere la città vivibile, con una minima indispensabile ripresa economica, e forse il doppio per una completa rivitalizzazione di un’area di non meno di 30 chilometri quadrati.


NP Marzo 2025
Claudio Monge

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