L’oro blu del pianeta

Pubblicato il 16-05-2024

di Paolo Lambruschi

La giornata mondiale dell’acqua dello scorso 22 marzo ci ha confermato che nel 2024 circa un quarto della umanità non ha accesso all’acqua potabile e quasi la metà non ha servizi igienici. Bastano questi due dati a delineare una scandalosa disuguaglianza.

L’Africa è la parte del pianeta in cui la situazione è più difficile. Circa 250 milioni di persone non hanno accesso a acqua potabile e bevono da fonti non sicure, o utilizzano acque di superficie, senza alcuna sicurezza e controllo. Questo, combinato alla scarsità di servizi igienici sicuri, comporta alti rischi per la diffusione di infezioni. In particolare l’Africa subsahariana è la zona del mondo dove le persone devono affrontare la più grave carenza d’acqua potabile. Anche se ufficialmente non lo dichiara nessuno, molte tensioni nel pianeta sono generate dalla scarsità d’acqua, che a sua volta è causa ed effetto della desertificazione e crea tensioni sociali e migrazioni. A esempio nel continente africano, questi fattori uniti alle rivalità etniche, possono sfociare in conflitti veri e propri. Il Pacific Institute nella sua Water Conflicts Chronology censisce 116 casi di tensioni per il possesso o la distruzione di fonti idriche durante il 2023. Anche a causa dei mutamenti climatici che hanno colpito duramente Sahel e Corno d’Africa, la lotta si sta inasprendo.

Un potenziale e pericoloso conflitto che potrebbe sconvolgere l’est Africa è quello determinato dalla Grande Diga del Rinascimento sul Nilo costruita dall’Etiopia per avere finalmente la quantità di energia elettrica necessaria per ottenere una media industrializzazione e assicurare il regolare funzionamento dei servizi (come negli ospedali). Finora non è stata avviata, ma Sudan ed Egitto hanno forti motivi di preoccupazione visto che utilizzano le acque del Nilo per scopi agricoli. Quando la diga andrà a pieno regime l’acqua si ridurrà drasticamente nei due Paesi.

Sono soprattutto Etiopia ed Egitto a fronteggiarsi e 5 anni fa il Cairo minacciò di bombardare addirittura la costruzione. Sempre in Etiopia ci sono tensioni per l’acqua sia nella cosiddetta Somali Region che in Oromia. E nella vicina Somalia, dilaniata da trent’anni di guerra civile e da mutamenti climatici che hanno provocato siccità prolungate con stagioni totalmente secche, i terroristi jihadisti di al Shabaab prendono spesso di mira pozzi e sorgenti per mettere in fuga le popolazioni assetate generando caos e insicurezza.

In tutto il continente africano la lotta per il possesso dell’acqua riguarda da sempre agricoltori e pastori che molto spesso, anziché accordarsi, accendono le ostilità e le nascondono dietro motivi politici, etnici o religiosi. La stessa strategia viene utilizzata nel Sahel dai terroristi affiliati allo Stato islamico che attaccano i villaggi per cacciare le popolazioni che non vogliono sottomettersi alla loro autorità.

L’attacco per rendere irreversibile l’esodo non risparmia le fonti idriche. In questo quadro di tensioni, l’unica alternativa sembra essere ancora una volta quella di cooperare in maniera paritaria, mettendo in comune la tecnologia e il sapere delle nostre associazioni, delle nostre università e dei nostri studiosi per trovare l’acqua e non sprecarla. È la via per aiutare queste popolazioni a trovare la pace, imparando a condividere quello che è diventato l’oro blu del pianeta.


Paolo Lambruschi
NP aprile 2024

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