L’odissea dei fragili

Pubblicato il 16-05-2022

di Stefano Caredda

La fatica delle persone con disabilità davanti alla pandemia: dai tamponi alla burocrazia, una vita ad ostacoli.

È capitato spesso, in questi due anni di pandemia, di veder raccontata come un’odissea la corsa all’effettuazione di un tampone nasale per verificare la positività al Sars-Cov2: di tanto in tanto giornali e tg hanno illustrato in quei termini le lunghe ore in coda sopportate dai cittadini ai drive-in o, più di recente, davanti alle farmacie. Ma ci sono situazioni, un po’ più nascoste, che sono davvero delle odissee, e che più raramente vengono raccontate.

Dentro questo mondo dei tamponi Covid-19, che a momenti alterni scandiscono il tempo della nostra vita familiare, scolastica e lavorativa, decidendo della nostra libertà di movimento, oltre che della nostra salute, ci sono persone fragili che più di altre vivono una difficoltà e hanno pertanto bisogno di attenzione e premura.

Sono quelli che la burocrazia definisce “individui fragili con scarsa capacità di collaborazione”.

Sono persone con disabilità o con particolari difficoltà, che patiscono per un’azione (quella del tampone nasale) che per quanto sostanzialmente innocua è senza alcun dubbio invasiva.

A nessuno piace vedersi infilare nel naso quel lungo bastoncino, e tutti pazientiamo quei pochi secondi solo perché abbiamo la consapevolezza che è necessario farlo. E comunque, almeno una volta – diciamoci la verità – a tutti è capitato di fare la “faccia brutta” al sanitario di turno, colpevole a nostro giudizio di aver scavato nel nostro naso un po’ troppo oltre il necessario.

Ora, la sanità pubblica, che come noto è organizzata su base regionale, prevede di norma che le persone non collaboranti possano essere sottoposte (quando è indicato e serve davvero farlo) a un tampone salivare, decisamente meno invasivo di quello rino-faringeo. Ma fra il dire e il fare, fra il prevedere e il realizzare, c’è un abisso, e spesso è davvero complicato – in qualunque regione ci si trovi – trovare una struttura dove eseguire un tampone salivare con certificazione.

La storia di Paolo, un uomo con autismo di 53 anni, raccontata di recente dalla madre Elena e dalla Ledha (Lega per le persone con disabilità) di Milano, ne è una dimostrazione lampante. Lei si positivizza e si mette in isolamento insieme a lui, che come unico sintomo di lì a poche ore avrà una leggera febbre. Lo stress causato dallo stare in casa ha conseguenze sul suo benessere psico-fisico: cade e si procura una ferita alla testa, che viene suturata dai sanitari del pronto soccorso del Policlinico, che non riescono però a fargli un tampone. Lui non collabora, non lo permette. Nei giorni successivi anche altre strutture milanesi non sapranno come agire: in una circostanza non basterà fargli assumere dei calmanti, in una seconda verrà addirittura sedato in vena per poter prelevare il campione nasale.

 Un’odissea, appunto. E il tampone salivare, a cui sulla carta avrebbe avuto diritto, non c’è modo di farlo. Impariamo così anche da questa storia che ovunque ci sono persone che hanno bisogno di un supplemento di attenzione in più. E che la definizione di regole, metodi e procedure va fatta a regola d’arte: serve a garantire i diritti di tutti.

Stefano Caredda
NP Febbraio 2022

 

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