L'amore non è mai artificiale
Pubblicato il 27-09-2025
Cosa sia l’Intelligenza Artificiale cominciamo ad averne qualche assaggio.
Quali trasformazioni effettive porterà nel modo di vivere che abbiamo avuto finora, ancora non sappiamo. Né sappiamo quale antropologia uscirà dalla convivenza con l’IA, cioè quale sarà la fisionomia dell’uomo del futuro e la sua vita. Due cose però dagli scienziati abbiamo appreso: un robot di IA non ha sentimenti, non li prova, anche se è perfettamente in grado di parlarne e di simularli a parole, perché l’ha imparato da noi. Ma non li prova. Non prova amore. E un robot ha un unico scopo: non farsi annientare, cioè non morire. A costo di uccidere, se l’umano volesse la sua fine. Il contrario della libertà, insomma: nell’IA manca l’amore, il sintomo più alto di una libertà interiore raggiunta, che permette di guardare all’altro come un fratello e non come a un nemico. Libertà dal ricatto di mors tua vita mea.
Per questi motivi, a un cristiano, l’IA non dovrebbe far nessuna paura. Lo scopo della vita di un cristiano che vuole sul serio dar retta a Gesù, è l’amore, l’amore-agape, la carità. E la carità è frutto dell’amore, frutto a sua volta della libertà, frutto a sua volta del sapersi figli di Dio amati.
Il grande esperto della libertà cristiana è stato nel IV secolo Gregorio di Nissa. Nato in Cappadocia, attuale Turchia, fratello di Basilio, vescovo di Cesarea, e amico carissimo di Gregorio di Nazianzo, non aveva nessuna inclinazione per la vita pratica. Era appassionato di antropologia cristiana e per sviluppare il tema scelse di descrivere il cammino graduale della vita cristiana verso la “perfezione” attraverso la Vita di Mosè, raccontata per allegoria.
L’uomo è libero, dice Gregorio, perché è creato a immagine di Dio, quindi dotato del suo stesso tipo di libertà. Non quella umana che può scegliere tra bene e male, perché in Dio c’è solo bene. Il problema è il solito capitolo 3 di Genesi, vero fatal flaw della storia umana: l’uomo creato libero e innocente perde la libertà di Dio. Nella vita che ora vivrà sulla terra, gliene resta dentro solo qualche traccia. Se compie il male, i brandelli di libertà divina rimasti in lui si indeboliscono, fino a rendere l’uomo succubo di tre schiavitù: psicologica, sociale e religiosa. Cioè non solo soccombe alle passioni interiori, non solo subisce la violenza della società, ma cade nelle idolatrie di chi non è capace di accogliere il Vangelo così com’è.
Ma uscire da queste schiavitù è possibile con la più pacifica delle guerre, la lotta spirituale contro i germi di morte che ci vogliono portare lontano da Dio: l’ingordigia con il suo seguito di ira, lussuria, avarizia, invidia, superbia.
Ma dalle passioni in cui ci siamo rifugiati, spinti dalla paura della nostra fragilità, ci si può liberare: con la sinergia tra la nostra volontà di farla finita con il male e la grazia di Dio, che da noi aspetta ansioso il nostro continuo e sincero fiat (Lc 1,38).
Non poteva fare di più, Dio, che indicarci la strada: Gesù Figlio attraversa la sofferenza per liberarci dalla paura, attraversa la morte per sconfiggerla in noi, risorge per farci di nuovo, in lui e come lui, figli di Dio. Figli: di nuovo liberi come eravamo stati creati in Genesi 2, liberi con la stessa libertà di Dio, liberi dalla perversione del male, dalla paura di non esistere e di finire. Figli e re di noi stessi (Gv 18,37), sovranamente liberi di amare Dio e i fratelli come nessuna IA potrà essere mai.
Flaminia Morandi
NP maggio 2025




