José Luiz Altieri Campos

Pubblicato il 04-01-2019

di Simone Bernardi

di Simone Bernardi - «Tu hai davvero la vocazione per essere volontario?». A quell’epoca, arrivavano i container di aiuti dall’Italia. Nel periodo in cui mi sono messo a disposizione, ne è arrivato uno con parecchi metri cubi di scarpe: centinaia, di tutti i tipi, sportive, eleganti, da passeggio, per uomo, donna, bambino, di numeri diversi... ma tutte spaiate, mischiate! «Tu dovresti aiutarci ad appaiare le scarpe».

Ricordo che mi sono dovuto organizzare: separavo le scarpe da uomo da quelle da donna. Poi le suddividevo in sottocategorie: da ginnastica, sandali e così via. Mi sembrava un lavoro ingrato, totalmente improduttivo... ho passato “momenti difficili” in quel deposito. Io, perlopiù da solo, tentando di ricongiungere la benedetta coppia di scarpe, pescandole nientemeno che da un container. 

Impossibile! Sempre che non si abbia la vocazione.... Ci ho ho messo tre mesi per ridare forma a quella montagna di scarpe. Questo è stato il mio primo compito all’Arsenale della Speranza. Per José Luiz, conosciuto semplicemente come Zé, l’avventura di volontario è iniziata così, standoci dentro. In quel lontano 2001, Zé ha poi cominciato ad aiutare nell’accoglienza degli uomini senza fissa dimora, quando la presenza, all’ingresso, era ancora segnata crocettando manualmente il nome di ogni ospite: Carlos Fernandes («metti una “x” vicino al suo nome»), Paulo De Souza (“x” vicino al suo nome), Marcelo Ferreira (“x” vicino al suo nome)… 1.200 nomi, 1.200 crocette.

Zé ha visto entrare, con i suoi occhi, una marea di volti, ha visto accadere una marea di situazioni. Seduto al tavolino della portineria, ha potuto contemplare lo scorrere – a volte pigro, a volte agitato – di quel fiume di umanità di cui la città non s’accorge nemmeno, avidamente occupata a fare cose “più produttive”. Tante storie che la sua passione innata per la fotografia non poteva fare a meno di raccontare, anche perché adesso aveva il contenuto, aveva una scopo. Ero assieme a lui quando un giorno, all’Arsenale, durante un evento promosso da un gruppo esterno, Zé è stato improvvisamente accerchiato da un gruppo di addetti alla sicurezza, che l’avevano visto scavalcare una griglia di accesso. La sua intenzione? Semplicemente scattare una bella foto. Lui, che era di casa, ha rischiato di farsi espellere da degli sconosciuti.

Questo è Zé. Per tutti è il fotografo dell’Arsenale, ma potete chiedergli qualsiasi cosa. Se gli chiedete cos’ha imparato in questi anni, si porterà per un attimo le mani al volto e poi vi dirà che lui è “un accolto”, che ha imparato a non arrendersi mai e a contare fino a 10 per non perdere la pazienza, perché poi si spende un mare di energia per recuperare. Vocazione? No, c’è stato.

Simone Bernardi
OBRIGADO
Rubrica di NUOVO PROGETTO

 

 

 

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