Incendio digitale
Pubblicato il 19-09-2024
ERA SOLTANTO QUESTIONE DI TEMPO POLVERIZZARE UN INTERA ERA…
Circa una settimana fa il New York Times ha diffuso la notizia che l’ambizioso progetto di Elon Musk, quello mirato a collegare le zone più remote del pianeta attraverso il lancio di 6mila satelliti a bassa orbita, ha raggiunto definitivamente il suo obiettivo. Ora è divenuto possibile connettersi a Internet anche dal cuore della foresta amazzonica, una delle zone rimaste finora isolate del mondo. Non nascondo che la notizia mi ha inquietato, se non altro perché temo che questo successo tecnologico, al di là del giubilo dei progressisti a oltranza, nasconda realmente dei rischi non soltanto a lungo termine che prima o poi non potremo più ignorare.
Già nell’immediato se ne vedono i primi frutti. Fermo restando che già durante la prima fase di sperimentazione della rete di copertura, uno dei popoli nativi superstiti che vivevano in totale isolamento a ridosso di una zona della selva brasiliana, la tribù indigena dei Marubo, che non aveva mai avuto contatti con la civiltà, ha subito suo malgrado un fulminante salto evolutivo di almeno diecimila anni concentrato in soli nove mesi: la gravidanza di un potenziale mostro! Chi come me ha avuto il privilegio di visitare ed entrare in contatto con quella gente sa che, per loro stessa scelta, ha deciso di continuare a combattere per il diritto sacrosanto di vivere la loro esistenza, assecondando la loro millenaria cultura e le ancestrali convinzioni a difesa del loro territorio. La nostra civiltà, solo per opportunismo e speculazione materiale, pretende essere anche suo ciò che appartiene solo a loro, i nativi, veri custodi della loro terra. I rapaci evoluti – che si tratti di un politico, trafficante o speculatore – dovrebbero starsene a debita distanza. Sapevo che sarebbe stata questione di qualche tempo, adesso la conferma giunge dopo diciotto anni da quella mia prima spedizione nella riserva protetta a Xingu del 2006.
Un aneddoto. Ricordo bene l’istante in cui varcammo quel tratto di strada dopo la Sierra del Roncador nel centro del Brasile, quando il mio telefono cellulare Nokia – uno dei primi – perdette campo, rendendoci isolati e irraggiungibili per i successivi quindici giorni. Uno stato di euforia ed ebbrezza ora impossibile da descrivere alla luce di quello che poi è diventata la norma, che ci ha costretto tutti a comunicare sempre ed essere comunque, anche controvoglia, reperibili. Entrai così in contatto con un mondo tuttavia evoluto seppur spartano, che aveva come unica regola quella di vivere e rispettare il delicato equilibrio tra la natura essenziale e l’essere umano. Seppur al corrente dell’esistenza della Coca-Cola, delle automobili, e di tutto ciò che noi consideriamo ormai indispensabile per mantenere il nostro stile di vita e il nostro moderno benessere, è bene sapere che quelli che noi chiamiamo “indios” (un appellativo tra i tanti per distinguere chi è diverso da noi, che loro) non si sono mai rifiutati di valutare l’eventuale inserimento di una novità o un curioso oggetto tecnologico, a patto che fosse valutato utile dalla comunità. Vivere in isolamento non vuol dire non sapere come vanno le cose nel mondo; all’occorrenza gli indios sono sempre stati in grado di raggiungere a piedi o in canoa un centro urbano. Quindi sanno dell’esistenza di Internet, visto che quasi sempre nei loro villaggi esiste almeno una TV alimentata da un generatore a benzina: una volta al mese si riuniscono tutti insieme, attorno a un fuoco, per vedere una partita di calcio.
Sono bastati nove mesi per stravolgere la vita di intere comunità, i giovani non si vogliono più pitturare il corpo, non pescano, non cacciano e non coltivano la terra, preferendo di gran lunga restare chiusi nelle loro capanne, inchinati sui loro schermi luminosi a chattare con il resto del mondo o a consultare siti pornografici. Gli anziani contrariati, perché avvertono l’apatia come il cambiamento e temono la scomparsa della loro esistenza, sono gli stessi che pregano l’interlocutore occidentale affinché non gli venga tolto Internet! E gli enti governativi come la funai, che avrebbero dovuto tutelarli e istruirli, che hanno da dire? Lo sanno chi è stato a fornire a questi indigeni gli smartphone e i pannelli solari che rendono possibile la connessione? Questo è il più pericoloso incendio, destinato a bruciare non solo una porzione di terra, ma tutta l’intera Amazzonia.
Luca Periotto
NP giugno/luglio 2024