In marcia con Isaia

Pubblicato il 22-04-2023

di Rosanna Tabasso

Dal 1976 le ultime ore di ogni anno vecchio e le prime ore di ogni anno nuovo, ci hanno sempre trovati sulle strade della nostra città con la Marcia della Pace. In poche centinaia, in molte migliaia, ogni anno abbiamo voluto ricordarci che la pace è dono di Dio, affidato a noi tutti e alla nostra responsabilità di cercarla, preservarla, farla crescere sulla Terra.

Dopo due anni in cui il Covid ci ha costretti a riflettere sulla pace senza uscire dall’Arsenale, quest’anno abbiamo potuto riprendere il gesto della marcia della pace.
Uscendo dall’Arsenale, abbiamo visitato i fratelli e le sorelle della Piccola Casa della Divina Provvidenza, il Cottolengo. Siamo entrati nella Cittadella della Carità, abbiamo attraversato i viali accolti dalle suore, dagli ospiti, dal padre generale Carmine Arice. Abbiamo vissuto un momento di condivisione con tutti loro per rendere più evidente la comunione. L’anno si è concluso con questo segno di fraternità, ma anche con il dolore nel cuore per le decine di conflitti aperti nel mondo e per quello che è iniziato proprio nel cuore dell’Europa e che non ci saremmo mai aspettati di vedere. E la domanda sul senso si è fatta più forte.
A cosa serve marciare per la pace se le decisioni dei grandi non rispettano il desiderio di pace dei popoli?
A cosa serve saltare il Capodanno di svago e decidere di mettersi in marcia con pochi, con tanti, e farlo per la pace? A cosa sono servite le marce di tanti anni, fatte a piedi per la pace? Tempo inutile verrebbe da dire, tempo che non dà risultati. Certo, sono solo passi, non è molto, ma è più che niente. Restare fermi è anche meno.

Camminare per la pace è un esercizio anzitutto per noi stessi, per recuperare le motivazioni nel credere alla pace. Per questo motivo, i passi della marcia di questo Capodanno sono stati accompagnati dalla lettura al microfono delle motivazioni che molti giovani ci hanno fatto giungere da tutta Italia.
Per consolidare le nostre convinzioni, per guardare la pace come la vede Dio, per desiderarla là dove non c’è. Ci fa bene andare a ritmo lento, camminare a fianco di altre persone che ci credono come noi, tenendo il cuore e la mente collegate al ritmo lento dei passi.

Il profeta Isaia ci guida con la parola che Dio mette sulla sua bocca: «Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunci, che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza, che dice a Sion: "Regna il tuo Dio”» (Is 52,7). Camminando con Dio nel cuore proviamo a fare come lui, guardiamo il Cielo, vediamo la realtà del Regno e annunciamo il tempo della pace all’umanità schiacciata dalle guerre e dalle non paci: armi trasformate in strumenti di lavoro, eserciti armati cambiati in eserciti di operatori di pace. Anche i nostri pochi passi sono pieni di significato se il cuore e la testa sono collegati con il lento camminare e ogni passo accompagna le motivazioni che ci fanno stare dalla parte della pace, per credere alla pace nonostante tutto, per farle nostre con convinzione. Allora tutto prende significato.

Rafforzare le motivazioni è l’impegno di chi vuole essere dalla parte della pace; se si va dietro a chi grida più forte, si percorre la direzione opposta, ora è tempo di andare contro corrente. La pace è aspirazione di tutti i popoli, ma è impegno di pochi e di questi tempi anche scoraggiati, delusi. Isaia ne sa qualcosa e al suo popolo, a noi, ripete: «Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: "Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio […] Egli viene a salvarvi"» (Is 35,3-4).
 

Rosanna Tabasso
NP gennaio 2023

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