In ascolto dell'Amazzonia

Pubblicato il 05-06-2019

di Lucia Capuzzi

di Lucia Capuzzi - Le sfide del Sinodo speciale dei vescovi

Frontiera Amazzonia. La Chiesa ha deciso di convocare, ad ottobre 2019, un Sinodo speciale su questa regione del globo. “Un santuario della natura”, dove “la foresta custodisce l’acqua e l’acqua custodisce la foresta e dove i popoli originari custodivano e custodiscono la preservazione di questo habitat straordinario”, per impiegare un’espressione di dom Claudio Hummes, cardinale e arcivescovo emerito di San Paolo, attuale direttore della Rete ecclesiale pan amazzonica, organismo nato nel settembre 2014 per coordinare gli sforzi di vescovi, preti, religiosi e laici nella costruzione di una “Chiesa dal volto amazzonico”. In cui, cioè, popoli e geografie differenti sappiano convivere in armonia. Un evento eccezionale.

Per la prima volta, un Sinodo della Chiesa universale è dedicato a un territorio specifico. La concentrazione spaziale, in realtà, è inversamente proporzionale al respiro della tematica affrontata. Nel laboratorio- Amazzonia si leggono con drammatica chiarezza le grandi sfide per i cristiani del nostro tempo. In primis, quella in favore della vita degli scartati da un’economia che uccide. Un’efficace espressione bergogliana tutt’altro che metaforica in Amazzonia. Forse proprio per tale ragione, fra le pareti d’acqua e vegetazione della selva, s’annida la forza che può aiutare a costruire una “globalizzazione dal volto umano”, capace di riconoscere il diritto alla differenza dei popoli e delle culture.

Mancano ancora dieci mesi all’appuntamento. Il percorso di avvicinamento, però, è cominciato il 19 gennaio 2018 quando papa Francesco si è recato a Puerto Maldonado, nella regione peruviana de Madre de Diós, per incontrare i popoli amazzonici. Bergoglio ha calpestato con emozione la terra rossa dove – ha detto – risuonano le parole del Signore a Mosé: «Togliti i sandali poiché il suolo su cui cammini è terra santa». «Allora è cominciato il cammino che papa Francesco e gli indios stanno facendo insieme per arrivare al Sinodo», ha affermato il cardinale Pedro Barreto, vescovo della peruviana Huancayo e vicepresidente della Repam. Il processo in corso ha galvanizzato le genti della regione. A partire dai nativi. «La gran parte dei partecipanti delle assemblee territoriali preparatorie è indigena. Ho assistito di recente a uno di questi incontri in Guyana e ho toccato con mano quanto la loro riflessione sia profonda. Le donne, in particolare, hanno una saggezza, una lucidità, un coraggio resistente che ci danno molta speranza», prosegue il cardinale Barreto. Per gli indios, al contrario di quanto si potrebbe immaginare, è facile entrare in sintonia con il Sinodo.

«I nativi vivono in un “sinodo permanente”: essi camminano insieme e insieme riflettono sui problemi. Per loro, dunque, il Sinodo non è una novità. A essere nuova è solo la parola. Se, però, viene loro spiegato che sinodo significa camminare insieme, ascoltare, discernere e agire collettivamente in favore della vita, della dignità della persona, della terra – sottolinea il vicepresidente della Repam –, essi comprendono immediatamente – molto meglio di altri – il significato di questo grande evento ecclesiale ». Questo, inoltre, sarà preceduto da una Giornata mondiale della gioventù (Gmg) che ha il sapore di un ponte fra i due Sinodi, quello sui giovani appena terminato e quello sull’Amazzonia.

La settimana precedente al moltitudinario incontro di Panama – dal 23 al 28 gennaio –, Soloy, nella diocesi di David, ospiterà il primo summit internazionale dei ragazzi indigeni. In questo enclave dell’occidente panamense, all’interno della diocesi di David, dove si concentrano le comunità Ngöbe e Bugle, dal 17 al 20 gennaio, si ritroveranno i nativi delle varie parti del pianeta. «Certo, la maggior parte verranno dall’America Latina, per questioni di costi. Al momento, hanno confermato la presenza 150 indigeni di vari Paesi del Continente, dal Messico alla Bolivia, dall’Honduras all’Argentina. Altri 350 sono panamensi, nazione dove, al contrario dell’immaginario comune, il 12-13 per cento della popolazione è nativa. Abbiamo, però, ricevuto iscrizioni anche dalla Nigeria, dal Mozambico, dal Botswana e delle Filippine.

Proprio in questi giorni stiamo lavorando per risolvere i problemi di visto del gruppo nigeriano», spiega padre Joe Fitzgerald, parroco di Soloy. All’evento parteciperà anche una delegazione amazzonica. Gli organizzatori ipotizzano la presenza a Soloy di sei, settecento ragazzi. Non si tratta di grandi numeri in termini assoluti. Ma il “summit” sarà altamente rappresentativo della “biodiversità etnica e culturale” indigena. I differenti popoli – con grandi sforzi, date le magre risorse a causa dell’emarginazione sociale ed economica tuttora sofferta – hanno inviato delegazioni piccolissime, spesso una o due persone. Queste si faranno portavoce delle rispettive comunità e, al ritorno, riferiranno loro gli spunti e le riflessioni emersi. Nell’elenco provvisorio dei partecipanti, figurano già esponenti di oltre trenta differenti etnie, unite nella medesima battaglia per la sopravvivenza, loro e del pianeta.

Lucia Capuzzi
LATINOS
Rubrica di NUOVO PROGETTO

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok