Il tampone impossibile
Pubblicato il 22-12-2020
Dovrebbe fare un tampone. Facile a dirsi, assai più complicato a farsi. E non per mancanza di disponibilità dell’esame, ma per oggettiva impossibilità a farlo da parte del soggetto che dovrebbe essere testato. Fra i tanti, c’è anche questo aspetto nel mare magnum di necessità e di attenzioni che l’emergenza sanitaria da Covid-19 ha determinato: la questione riguarda le persone con una disabilità di tipo intellettivo o relazionale, per le quali non solo è difficile (come tutti) orientarsi nella giungla di test a disposizione (molecolari, rapidi, salivari, del sangue...) ma per le quali è la stessa procedura di prelievo del campione da analizzare ad essere difficile, se non impossibile.
Per una persona con disabilità intellettiva sottoporsi ad una procedura invasiva come quella del tampone molecolare orofaringeo, cioè con il prelievo dal naso e/o dalla bocca, può essere fonte di gravi disagio e turbamento. Oltre a non percepire il senso dell’operazione, e quindi a viverla come un’irruzione negativa nel proprio ambito corporeo, una persona con esigenze speciali, ad esempio con disturbi del neurosviluppo o con un disturbo dello spettro autistico, tenderà a non prestare la benché minima collaborazione al momento dell’esecuzione del test, con un rischio evidente – laddove la procedura venga comunque eseguita – di vivere il test come un sopruso, determinando un vero e proprio trauma.
Da mesi le associazioni che si occupano nello specifico di disabilità mettono in guardia su questi aspetti, tanto più importanti ora rispetto al passato in ragione dell’aumento notevole nella disponibilità di test a disposizione. In realtà, viene spiegato, anche se i test si sono diversificati, la loro esecuzione rimane sempre particolarmente difficile: il tampone orofaringeo (tradizionale o rapido) non è poi molto diverso da un test salivare, e un prelievo del sangue è ancor più invasivo in soggetti non collaboranti.
Ecco perché in molti casi l’esecuzione del test richiede l’uso della sedazione, con tutte le conseguenze del caso in termini organizzativi, oltre che relazionali. Ma anche senza arrivare alla sedazione, da intendere comunque come ultima opzione, e che richiede comunque regole stringenti di esecuzione, ciò che è fondamentale è che occorre predisporre percorsi adeguati affinché il test venga svolto in condizioni ottimali. Non è il caso dei drive-in che abbiamo imparato a conoscere: un test in auto, magari dopo una lunga attesa, in un ambiente precario e poco rassicurante, provocherebbe facilmente reazioni incontrollabili e nei fatti renderebbe impossibile l’esame. Fra le alternative proposte, da un lato i tamponi a domicilio, con la collaborazione e la supervisione dei familiari, in un ambiente rassicurante e psicologicamente più adatto; dall’altro l’affidamento della procedura a quelle strutture che già da tempo trattano questi pazienti, come ad esempio avviene nei reparti di odontoiatria specializzati in cure a persone non collaboranti. E dove è necessario l’impiego di personale specializzato, informato e all’altezza del compito.
Stefano Caredda
NP novembre 2020