Il sangue del popolo
Pubblicato il 14-12-2024
Per chi come me ha raggiunto gli “anta” è assolutamente naturale associare al ricordo di piazza Tienanmen il fotogramma di quell’anonimo giovane che, completamente disarmato, fermò con il suo corpo un’intera colonna di carri armati, intervenuta a Pechino per reprimere la rivolta studentesca. Era il 5 giugno 1989 e la violenza dell’esercito si era scatenata la sera di due giorni prima.
Ci sono però altre immagini meno famose ma altrettanto emblematiche di quegli avvenimenti. In un video dei giorni precedenti girato dalla tv svizzera, si vede un ufficiale dell’esercito cinese opporre un composto ma deciso rifiuto a uno studente che voleva offrirgli delle fette di torta. Da lì a poco, nella notte tra il 3 e il 4 giugno, uno dei due, l’ufficiale, avrebbe massacrato l’altro, lo studente, in una delle più cruente e sanguinose repressioni di piazza dei tempi recenti. Proprio a partire dalle 18:30 del 3 giugno, risuonò ripetutamente l’annuncio del governo di Pechino e del Comando della legge marziale: «A partire da ora, Pechino è in stato d'allerta. I cittadini sono pregati di non stare in strada e di non recarsi in piazza Tienanmen. Tutti coloro che hanno un'occupazione dovranno restare ai loro posti di lavoro e tutti i cittadini devono rimanere nelle loro abitazioni per salvaguardare le proprie vite».
Dopo poche ore, sarebbe iniziato lo scontro ferocissimo tra l’esercito, equipaggiato con mezzi blindati e armi automatiche, e gli studenti, armati di mazze e bastoni, che sarebbe durato per tutta la notte e il giorno successivo. Vittima della brutale violenza repressiva anche la statua raffigurante la dea della democrazia e della libertà, alta oltre 10 metri, che gli studenti dell’Accademia delle Belle Arti avevano eretto il 30 maggio, proprio davanti alla gigantografia di Mao e divenuta in pochissime ore il simbolo delle aspirazioni dei giovani.
Tutto era cominciato il 15 aprile, in occasione della commemorazione di Hu Yaobang, già segretario del PCC dal 1982 al 1987, quando migliaia di studenti universitari avevano cominciato a protestare per un’università libera dalle ingerenze del potere. Considerato un riformista, Hu Yaobang aveva criticato gli eccessi della rivoluzione culturale maoista degli anni Sessanta, perché caratterizzata da violenze inaudite che avevano diviso e insanguinato la società cinese. Gli studenti volevano farsi sentire dal governo e speravano che i capi del partito comunista prendessero in considerazione le loro proposte.
I giovani, infatti, manifestavano una profonda sofferenza nei confronti della classe dirigente cinese incarnata dal grande vecchio Deng Xiaoping. A loro le riforme economiche di Deng non bastavano, desideravano riforme politiche che portassero una vera e propria democratizzazione della Cina. Quello di Deng era in effetti un processo epocale che stava introducendo elementi di libero mercato in ambito economico, ma che lasciava al partito comunista il monopolio del potere. Per quei giovani studenti la liberalizzazione economica doveva essere accompagnata da una autentica liberalizzazione politica.[continua nel prossimo numero]
Renato Bonomo
NP ottobre 2024