Il nostro pane quotidiano
Pubblicato il 23-10-2024
Vi sono due interpretazioni sul pane che Gesù ci fa chiedere al Padre. La prima lo identifica nel pane disceso dal Cielo, cioè Cristo, riallacciandosi a quanto Gesù dice di se stesso: Io sono il Pane disceso dal cielo (Gv 6,41), Io sono il pane della vita (Gv 6,48), se uno mangia di questo pane vivrà in eterno (Gv 6,51). L’altra si riferisce al pane materiale di tutti i giorni. In questo caso Gesù mi fa chiedere al Padre lo stretto necessario all’esistenza. Non il superfluo, ma solo il necessario!
Inoltre, non chiediamo dammi il mio pane, ma il nostro pane. Cosa vuol dire chiedere il necessario all’esistenza non soltanto per me ma per tutti gli uomini? Forse che scenda nuovamente la manna dal cielo? No; sulla terra il pane sufficiente per tutti gli uomini c’è già, è solo mal distribuito. Gesù mi dice di pregare chiedendo per tutti gli uomini il necessario di ogni giorno per farci diventare responsabili della fame dei nostri fratelli in tutto il mondo.
Con che faccia tosta oso chiedere a Dio il necessario per mio fratello, quando sono io che debbo provvedere, con tutto il superfluo che ho in casa? Il Padre mi direbbe: guarda che il necessario per tuo fratello, il pane per tuo fratello c’è già, ce l’hai tu; mentre mi chiedi di dare a tuo fratello il pane, in quello stesso momento tu glielo stai rubando. Se veramente voglio che sia santificato il nome del Padre, se sono disponibile ai suoi disegni, allora entro in responsabilità con la fame di tutto il mondo. Divento, e mi sento, responsabile del fatto che vi siano persone che non hanno il necessario per vivere, non hanno il pane. Ho aperto gli occhi di fronte a tante situazioni di ingiustizia.
Se dico queste parole senza viverle gioco a ping-pong con Dio: gli lancio una pallina che lui ricaccia nel mio campo, dicendomi di non sciupare – io – ciò che è il necessario, il pane degli altri.
p. Mario Nascimbeni
NP giugno/luglio 2024