Il giubileo delle carceri
Pubblicato il 30-03-2025
Nell’anno del Giubileo, con papa Francesco che dopo quella della basilica di San Pietro va nel carcere romano di Rebibbia per aprire proprio lì una Porta Santa, il tema delle condizioni di vita dei detenuti non può certo passare inosservato. Un messaggio di speranza e misericordia, quello dell’Anno Santo, che da sempre – e anche in questo 2025 – risuona dentro le carceri in modo particolarmente forte. Ogni nazione ha al riguardo le proprie particolarità, e quelle dell’Italia – purtroppo – non sono affatto positive. Il nostro Paese attraversa da decenni una fase particolarmente critica, che porta con sé la consapevolezza che trattamenti inumani e degradanti siano diventati ormai molto diffusi.
Proviamo a fare una veloce fotografia della situazione. Le persone detenute in Italia a fine 2024 erano oltre 62mila, a fronte di una capienza regolamentare di poco più di 51mila posti e una capienza effettiva (al netto delle celle non disponibili per manutenzioni o inagibilità) di circa 47mila posti. Il tasso di affollamento effettivo si attesta intorno al 132%: nelle prigioni italiane ci sono 132 persone per ogni 100 posti disponibili. È il sovraffollamento, prima condizione cronica delle carceri italiane. E, come sempre in questi casi, parliamo di una media: il che significa che ci sono posti dove si sta meglio e altri dove si sta peggio. Il carcere di San Vittore a Milano ha raggiunto il 225% di affollamento effettivo, le carceri di Brescia, Como e Lucca sono oltre il 200%, e sono in tutto una sessantina le strutture dove si supera il 150% di affollamento: soprattutto case circondariali metropolitane, dove c’è il numero più alto di ingressi e si registrano le maggiori tensioni.
Mediamente parliamo di strutture assai vecchie, alcune – senza mezzi termini – fatiscenti, costruite nella prima parte del secolo scorso, a volte addirittura prima del 1900: è frequente che non tutte le celle siano adeguatamente riscaldate, che l’acqua calda non sia sempre presente, che non esistano docce, che gli spazi siano minimali. Non ovunque è garantito il limite minimo di tre metri quadrati calpestabili per ogni persona detenuta. Tre metri quadrati a persona. Situazione al limite che certamente incide anche sugli atti di autolesionismo (in crescita) e sul tragico numero di suicidi (il 2024 è stato un anno record con una novantina di casi). E c’è anche un problema di carenza di personale (c’è un agente di polizia penitenziaria ogni due detenuti e un funzionario giuridico pedagogico ogni 68 detenuti).
Per il resto, sono circa 17mila (su 62mila) i detenuti che lavorano in carcere alle dipendenze del carcere stesso e circa 3mila quelli che hanno altri datori di lavoro. Ce ne sono poi alcune migliaia che frequentano corsi di formazione professionale, con grandi differenze geografiche (a metà 2024 in Lombardia gli iscritti a questi corsi erano il 14% dei detenuti, mentre in Umbria, Puglia, Sardegna e Basilicata non si arrivava all’1%). In circa 4mila frequentano percorsi scolastici con successo (quindi venendo promossi).
Un mondo variegato (cui si somma poi la popolazione che usufruisce di misure alternative alla detenzione, come semilibertà, detenzione domiciliare, affidamento in prova al servizio sociale, ecc.) sul quale il Giubileo aiuterà a tenere alta l’attenzione.
Stefano Caredda
NP gennaio 2025