Il dovere della speranza
Pubblicato il 01-09-2022
La speranza è una dilatazione del cuore che crede nel bene e su di esso appoggia la sua vita, attende senza pretese, ma con una fiducia nella vittoria della vita e del bene che dà una misteriosa forza.
Bello o brutto, cattivo o bello il tempo è obbligato a seguire le stagioni e, traversando le varie vicissitudini della storia, fedelmente ci riporta alla vita che cambia, evolve, ferisce e risana, abbatte e rialza, come già ricordava il Signore al profeta Geremia.
In questi ultimi anni molte vicende ci hanno fatto tenere il fiato in sospeso, purtroppo messo le lacrime sul ciglio dei nostri occhi, stretto il cuore e tentati di scoraggiamento o fatto sgorgare dal nostro petto sospiri di sollievo.
Oggi ancora la preghiera del mondo intero, credente, bussa alla porta del cielo, con quasi incredula, ma ostinata speranza. Jean Paul Sartre al tempo in cui era in campo di concentramento tedesco ha detto che il dovere dell’uomo è quello di sperare; non è un vano rifugio, è un dovere e il vero dovere costruisce e non schiaccia.
Sperare è diverso dal sognare e ancor più dall’illudersi o da metodi di auto convincimento, che possono anche essere utili in particolari momenti, ma che non costruiscono la vita. È qualcosa di più grande, di più nobile e di più altruista, perché sperare alimenta la vita e lavora per gli altri.
Non si spera il Male; lo si può augurare con un cuore pieno di veleno, che non fa male solo agli altri, ma anche a sé stessi. La speranza è una dilatazione del cuore che crede nel bene e su di esso appoggia la sua vita, attende come un povero, come un mendicante, senza pretese, ma con una fiducia nella vittoria della vita e del bene che dà una misteriosa forza.
La speranza è una virtù che tocca col dito fino a Dio, ma non chiude il pugno per impossessarsi di garanzie. Queste rischiano sempre di dare la morte. Per la speranza esiste solo il futuro e non si coniuga mai al passato, come se la sua carica si fosse estinta.
“La speranza ultima dea”, è un detto antico, che vuol dire che anche quando si è perso tutto si crede ancora nella vita e infine nella risurrezione. È l’esperienza dei discepoli di Emmaus, che hanno detto “speravamo”, all’imperfetto, e certamente lo hanno detto con tono amaro, mentre già camminavano col Risorto. Per questo sperare è un dovere non imposto e non avvilente, ma è legato alla crescita della persona. Che non termina. Forse neanche dopo la morte.
La Speranza, lei, dopo la morte non ha più ragione di essere, perché riceve l’oggetto sperato, cioè la felicità e, forse in misura sempre crescente, perché se tutto il creato è in continua espansione, perché non può esserlo il cuore dell’uomo? Dio e la sua pienezza di felicità non lo si potrà mai esaurire. Per questo oggi non possiamo neanche immaginarlo e questo è frustrante. Ma è sempre tempo di Vita e di Risurrezione, anche quando la morte ruggisce e ci fa paura. Sulla terra la vocazione dell’uomo è sperare e questo è luce di gioia.
Cesare Falletti
NP Aprile 2022