Il dono della profezia

Pubblicato il 29-08-2020

di Anna Maria Del Prete

Prima di parlare della profetessa Culda mi sembra opportuno definire la figura del profeta comune alle tre religioni monoteistiche. Il profeta (nabi in ebraico) parla in nome di Dio. Chiamato e inviato, obbedendo a ciò che gli ha ispirato lo Spirito Santo, osserva il presente prevedendone le conseguenze alla luce della Parola di Dio. Segnala la presenza e la volontà Dio nella storia, riguardo alle circostanze che si trova a vivere.

Siamo al tempo del re Giosia che succede a Manasse, un re che nei 55 anni di regno aveva fatto «ciò che è male agli occhi del Signore» deviando il cuore del popolo da Dio verso il culto degli idoli. Giosia che divenne re all’età di otto anni, «fece ciò che è retto agli occhi del Signore», impegnandosi nella purificazione di tutto ciò che aveva profanato il culto del vero Dio. Nel diciottesimo anno del suo regno, mentre si procedeva alla ricostruzione del Tempio, fu trovato il Libro della Legge (il Deuteronomio secondo alcuni studiosi). Lo scriba Safan lo lesse davanti al Re che «udite le parole del Libro si stracciò le vesti» venendo a conoscenza della collera del Signore per la grande disobbedienza del popolo che si era allontanato da quanto era stato «scritto per loro». Ordinò ai suoi collaboratori di consultare il Signore alla luce di quell’evento strepitoso.

Gli uomini si rivolsero a Culda, profetessa in Gerusalemme, moglie di Shallum figlio di Tikvah (speranza) guardarobiere del re. Di essa sappiamo molto poco, ma il fatto che i messaggeri del re si rivolgessero a lei – mentre operavano i profeti Geremia e Sofonia – ci fa ritenere che avesse un’autorevolezza particolare. Ne è conferma proprio l’autorevolezza con cui riferisce il messaggio di Dio che annuncia una grande sciagura su Gerusalemme, a causa del peccato dei suoi abitanti che avevano abbandonato YHWH per bruciare incenso agli idoli.

Questa terribile profezia di sciagura per il popolo è accompagnata da parole di speranza per il re che, profondamente addolorato per quanto accaduto, aveva fatto penitenza. A lui Dio promise che sarebbe morto in pace senza vedere la sciagura che avrebbe colpito il suo popolo. Infatti Giosia fu gravemente ferito a Meghiddo nella battaglia contro il faraone Neco e trasportato a Gerusalemme, ove morirà in pace e sarà seppellito nella tomba reale. Le parole di rimprovero per il popolo, sono accompagnate da parole di speranza per il re.

La speranza della profetessa Culda è ricordata ancora oggi dai due cancelli nella parte meridionale del Tempio che portano il suo nome. Attraverso di essi passano i fedeli per accedere al tunnel di 1.500 metri che conduce al Monte del Tempio. Essi entrano ed escono secondo un preciso ordine che viene invertito per coloro che sono in lutto; questa inversione segnala gente che ha bisogno di aiuto e di consolazione. Le parole di speranza con cui la profetessa Culda accompagna il re, colpito dalla disobbedienza e dall’idolatria dei suoi sudditi, sono le stesse di cui abbiamo bisogno noi oggi.

(2Re 22,11-20; 2Cr 34,22-28)

Anna Maria del Prete
NP maggio 2020

 

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