Il coraggio di Tina

Pubblicato il 18-03-2023

di Annamaria Gobbato

Bassano del Grappa, 26 settembre 1944. Nella piazza centrale i nazisti occupanti la cittadina veneta impiccano 43 giovani partigiani.
Fra essi c’è il fratello di un compagno di scuola di Tina Anselmi, 17 anni.

Questo episodio segna il destino di una grande protagonista del panorama politico italiana del dopoguerra.
Tina decide in fretta: entrerà nella lotta partigiana con il nome di Gabriella (educata alla fede cristiana fin da piccola, sceglie come protettore l’arcangelo Gabriele). «Se ti prendono i tedeschi, prega che t’ammazzino perché altrimenti quello che ti faranno saraÌ€ peggio», l’avverte il comandante della Brigata Battisti. Per molti mesi percorre un centinaio di km al giorno mantenendo i collegamenti tra le formazioni partigiane, trasportando stampa clandestina, armi, messaggi in codice. A fine conflitto, sarà lei a trattare con il comando tedesco per limitare al massimo vendette e ritorsioni. Iscritta già dal dicembre ’44 alla Democrazia Cristiana, Tina si impegna nel sindacato Cgil e poi nella Cisl. Promuove vertenze soprattutto nelle filande con modalità di lotta molto decise verso il padronato.

«Dopo questa prima giovanile esperienza, il mio interesse per la specificità della condizione femminile non sarebbe mai venuto meno», ebbe in seguito a dichiarare. Incaricata nazionale dei giovani DC, viene eletta nel comitato direttivo dell’Unione Europea femminile. Durante il suo lungo mandato parlamentare – 24 anni – fa parte delle commissioni Lavoro e Previdenza sociale, Igiene e Sanità, Affari sociali. Si deve a lei la legge sulle pari opportunità di genere.
Nel 1976 diviene ministro del Lavoro, un fatto senza precedenti in Italia, in quanto prima donna a capo di un ministero.
Nel 1977 firma una legge che apre alla parità salariale e di trattamento nei luoghi di lavoro fra uomo e donna.

Da ministro della Sanità, promuove il Servizio Sanitario Nazionale, che assicura cure gratuite a tutti. Considerata da molti come una "madre della Repubblica", viene proposta più volte durante le elezioni per il Capo dello Stato. L’impegno politico di Tina è in modo naturale mosso e animato da una robusta fede di fondo che la rende attenta ai “segni dei tempi” additati dal Concilio Vaticano II. In sintonia con l’indirizzo dato da papa Giovanni ai lavori sinodali avverte la necessità di dialogo fra la Chiesa e il mondo contemporaneo e di un linguaggio rinnovato per esprimere il proprio credo. Ne coglie in particolare il risvolto politico, aperto alla libertà di coscienza rispetto alle chiusure e rigidità del passato. I valori del cattolicesimo sono consustanziali ai valori civili espressi dalla Costituzione, ricca «di tutti i valori di libertà e di pace che la Resistenza aveva espresso e che le forze politiche hanno saputo raccogliere. […] A rileggerla, ancor oggi si coglie […] l’ispirazione che ha guidato i costituenti nel porre a fondamento del nuovo Stato, l’uomo, la sua dignità, la sua esigenza di essere protagonista della vicenda politica, costruttrice di quel bene comune, condizione e premessa a ogni bene personale».

Nel 1981, Nilde Iotti, allora presidente della Camera, le affida l’incarico di presiedere la commissione che dovrà indagare sulla Loggia P2 di Licio Gelli, compito che le costò feroci critiche e un crescente isolamento politico, anche da parte del suo stesso partito. Tina Anselmi ebbe anche occasione di tratteggiare il ritratto di Licio Gelli cogliendone acutamente i principali tratti psicologici e caratteriali: «Quante volte, noi commissari, ci siamo interrogati su di lui, persona non di grande fascino, neanche di straripante intelligenza, un uomo insignificante, in fondo. Le mie conclusioni sono che proprio la monomania unita alla totale amoralità lo ha posto al di sopra della sua stessa mediocrità. La storia è sempre attraversata da grandi uomini piccoli».

Dal 1998 al 2003 è presidente onorario dell’Istituto nazionale per la storia del Movimento di Liberazione in Italia fino al 2016. Alla memoria della Resistenza dedicò le sue ultime fatiche, convinta che solo la trasmissione dei valori a essa legati potesse preservare le giovani generazioni dall’esperienza di nuovi fascismi. «Dobbiamo non perdere la memoria di quello che eÌ€ avvenuto, di quello che abbiamo pagato perché la storia si ripete, non c’eÌ€ niente e nessuno che ci possa salvare il giorno in cui noi questa storia la tradissimo proprio nella memoria». Muore a 89 anni a Castelfranco Veneto, la sua città natale.
 

Annamaria Gobbato
NP dicembre 2022

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