I nuovi volti della RAI
Pubblicato il 08-05-2023
Senza far rumore e men che meno clamore, anzi con tacito cambio della guardia sotto traccia, i nuovi mezzibusti della televisione di Stato sono l’avanguardia più visibile del nuovo corso politico del nostro Paese. Chi segue per amore o semplicemente per abitudine i telegiornali della Rai, non può fare a meno di notare la moltitudine di volti, accenti, posture e abbigliamenti prima mai visti che si affaccia sugli schermi di casa, una pletora di nuovi inquilini del tubo catodico spuntati come funghi dopo l’esito del voto. Gli avvicendamenti commentano ogni cambio di governo, le sostituzioni nei ruoli apicali fanno clamore e mestamente infiammano l’opposizione ma è la prassi e, dopo, tutti si danno pace e i nuovi eletti, pur con cariche importanti, occupano gli scranni ambiti come ricompensa e spariscono nell’ombra.
Al contrario, i mezzi busti dei tg, iniziano in apnea e con qualche incerta apprensione, la lenta ma costante conquista dello schermo, da emeriti sconosciuti relegati nelle redazioni centrali e periferiche, d’improvviso ritrovano con il microfono in mano e la telecamera puntata dritta in faccia a commentare i servizi più disparati, pronti a riscattare la tessera di partito che hanno tenuto gelosamente in tasca per tanto tempo. Ora sono loro i protagonisti che impareremo a conoscere sera dopo sera, loro i nuovi narratori delle vicende del mondo cui dovremo fare voto di fiducia, loro i nuovi compagni di viaggio con cui condivideremo le bellezze e le bruttezze del pianeta. I tg della Rai sono tra le trasmissioni televisive in assoluto più seguite, indici d’ascolto costanti nel tempo fan di loro avamposti determinanti della politica, altoparlanti e grancasse insostituibili come seguito e capillarità, ma alla fine sono i volti, le espressioni e il look dei mezzibusti che fidelizzano l’ascoltatore. Ma non bisogna fermarsi sulla sola estetica dell’immagine, la televisione, oltre che la vista, sollecita e impone anche l’utilizzo in simultanea di un altro senso di fondamentale importanza, l’udito, la parola, il verbo che l’oracolo di turno profonde in misura più o meno equilibrata e, ahimè, purtroppo sempre più spesso grammaticalmente molto discutibile.
Non parliamo solo di congiuntivi e consecutio temporum di cui da tempo si sono perse le tracce, ma proprio delle più elementari regole della sintassi unite alla nuova moda di inventare di sana pianta nuove parole inesistenti nel nostro vocabolario, termini coniati sul momento, in diretta, o ripresi dalla vulgata da bar, storpiature e brutture verbali che poco s’addicono al presunto blasone di una emittente di stato. Ma tant’è… l’onda lunga di una scolarizzazione mediocre unita a una autostima esagerata è arrivata anche ai vertici della comunicazione con buona pace di chi ancora era convinto di una reale “mission” educativa della televisione.
Michelangelo Dotta
NP Febbraio 2023