I desideri di un cardinale

Pubblicato il 21-12-2022

di Redazione Sermig

Il cardinal Marengo con i suoi 48 anni è il più giovane esponente del collegio cardinalizio. Lo scorso 9 agosto, in attesa del concistoro con cui papa Francesco lo ha elevato cardinale, è venuto in visita all’Arsenale della Pace lasciando al popolo del Sermig un’intensa testimonianza sui temi della pace e della missione.

Che cosa significano pace e missione per lui, missionario della Consolata, da quasi 20 anni in Mongolia?
Con grande affetto per il popolo che lo accolto, padre Giorgio ricorda che: «Nel XIII secolo in Europa si faceva la guerra mentre i mongoli riuscivano a convivere pacificamente. Nell’antica capitale dell’impero, Karakorum, convivevano pacificamente buddisti, musulmani, cristiani di origine siriaca, nestoriana, taoisti, seguaci dello sciamanesimo e di altre tradizioni». In un Paese di oltre 1,5 milioni di km2 (quasi 5 volte l’Italia) e con solo 3,3 milioni di abitanti, la comunità cattolica conta circa 1.450 fedeli cattolici mongoli, accompagnati da una ventina di sacerdoti e 35 suore, provenienti da 24 Paesi diversi e da 11 congregazioni. Una piccola comunità che, dentro un Paese vastissimo e dalla grande storia, ha bisogno di capire il senso della propria presenza e il ruolo che può avere all’interno della società: «Noi siamo lì come poveri servitori del Vangelo, con il desiderio di annunciarlo e viverlo».

«Mi sta molto a cuore una frase di san Serafino di Sarov che diceva: “acquista e conserva la pace interiore e migliaia intorno a te troveranno la salvezza”. San Serafino è vissuto venti anni nella foresta e questa condizione gli ha permesso di avere un contatto continuo con Cristo risorto che lo ha trasfigurato completamente. Era una specie di san Francesco vissuto tra il Settecento e l’Ottocento, con una differenza: mentre san Francesco parlava coi lupi, San Serafino parlava con gli orsi. Chiunque lo incontrasse – un principe, uno zar, un contadino, un mendicante, un pellegrino – rimaneva toccato da questo uomo che ripeteva: “Gioia mia, Cristo è risorto”».
«La pace che noi cerchiamo non può quindi essere intesa solamente come equilibrio politico; la pace che noi desideriamo è la pace che deriva da questo incontro con Cristo che ci rende autentici operatori di pace. Quello che noi cerchiamo di vivere come missionari e missionarie è acquistare e conservare la pace interiore affinché migliaia intorno a noi trovino la salvezza».

«Acquistare e conservare la pace interiore non è un astrarci dalla realtà, perché la pace che Cristo ci porta è la pace che possiamo vivere anche attraverso la sofferenza, il dubbio, il dolore, la malattia. La pace non è alienazione, ma è l’incontro con Cristo risorto nel nostro cammino. A quel punto, saremo allora capaci di operare anche la pace tra gli Stati, quella di cui i popoli di tutto il mondo hanno bisogno». In modo particolare, proprio in un tempo come questo.

A cura della Redazione
NP ottobre 2022

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