Gli influencer di Dio
Pubblicato il 25-05-2023
In Germania si parla di un albo professionale per influencer digitali. Proposta difficile da concretizzare come tutta la materia che riguarda un riordino giuridico del mondo della rete, a cominciare dai “diritti d’autore”. Nati con l’invenzione della stampa per proteggere autori ed editori, oggi sono tranquillamente bypassati, difficili da rintracciare nelle infinite piattaforme dei new media. Non si è ancora ben capito come proteggere la paternità dei format tv, che nel frattempo il medium dominante non è più la tv, ormai vista solo da ultrasettantenni in via di estinzione, ma i social network digitali dove imperversano appunto gli influencer. Come sappiamo a memoria, sono personaggi che attraverso i social sono capaci di indirizzare le scelte economiche dei consumatori specie se giovanissimi. Dietro ogni influencer c’è sempre una strategia di marketing, anche se camuffata da filosofia di vita o da consigli di tipo umano-psicologico per vivere meglio.
Per la pedagogia cristiana questa è la classica “sfida” che mette in agitazione e fa studiare compulsivamente strategie di risposta che possano rendere attraente per i giovani la via proposta da Gesù. Allora ecco ricerche affannose di influencer alternativi, modelli di vita da proporre, esempi di specchiate vite cristiane di cui non è mai certo che siano specchiate al cento per cento, a meno che non si tratti di veri martiri saltati per aria durante una liturgia o trucidati come i monaci trappisti di Tibhirine in Algeria. I quali, in quanto morti, non possono parlare se non con la loro morte. Quella sì, luminosa. Ma silente.
Invece no, certi pedagoghi cristiani vogliono gente che parli e possibilmente sia famosa. In modo che i giovani vengano attratti dal fatto che si può essere famosi in questo mondo degenerato anche se cristiani. Eppure, lo stile comunicativo di Gesù risulta essere l’opposto. Perde le staffe quando sente odore di idolatria. La sua vita pubblica raccontata da Luca si apre con la guarigione dalla febbre della suocera di Pietro nella casa di Cafarnao dove, pochi capitoli dopo, si capirà di che febbre si trattava: la febbre di “chi è il più grande” che ci fa divorare l’uno con l’altro, febbre la cui tachipirina è solo una vita silenziosa di servizio. E si conclude con la figura della sua “maestra”: una vecchia vedova che getta nel tesoro del tempio quanto le serviva per sopravvivere. Nei vangeli sono demoni quelli che vogliono pubblicizzare che Gesù è il figlio di Dio, e lui ogni volta li zittisce; a Pietro, quando prova a fare lo stesso, gli dà del demone. Gesù si rifiuta di usare segni di potere. Non perde occasione per dire a noi, divoratori di sensazionalismo, che i veri miracoli sono quelli che non si vedono. Che gli unici influencer che dovremmo far salire su una cattedra con davanti un microfono sono i ciechi, gli storpi, i poveri della strada, a raccontare le loro vite rifiutate e benedette.
Flaminia Morandi
NP Febbraio 2023