Gli altri 364 giorni dell’anno

Pubblicato il 08-09-2022

di Claudio Monge

Il racconto della giornata repubblicana dei bambini, la festa turca in cui i bambini sostituiscono simbolicamente i funzionari statali nelle loro funzioni.

Le statistiche ufficiali dicono che in Turchia un bambino su tre vive in povertà: ha difficoltà di accesso a un pasto quotidiano, alle cure sanitarie e ad altri aiuti di prima necessità.

Il 23 aprile in Turchia è giorno festivo, dedicato a una singolare festa nazionale: quella dei bambini, associata all’anniversario della fondazione del Parlamento turco, inaugurato ad Ankara durante la guerra nazionale di liberazione (il 23 aprile 1920), come primo passo verso la creazione della repubblica turca.

Fu naturalmente Mustafa Kemal, più conosciuto come Atatürk (il padre dei turchi), a volere questo omaggio a coloro che rappresentavano e rappresentano il futuro di ogni nazione. Resta però il fatto che in nessun altro Paese al mondo sia stata istituita una simile festa, ritornata in Turchia pubblica quest’anno, dopo due anni di celebrazioni annullate a causa della pandemia Covid-19. Si tratta di una celebrazione davvero familiare, nella quale i balconi e le finestre delle case vengono decorati con bandiere turche, immagini di Atatürk e disegni di bambini. Storicamente, questa ricorrenza assume dimensioni internazionali perché centinaia di bambini provenienti da diversi Paesi, soprattutto dalla Repubbliche turcofone ex-sovietiche, confluiscono in Turchia per parteciparvi, interagendo con i loro ospiti. Gli eventi più importanti, si tengono ovviamente all’Anıtkabir, il mausoleo di Atatürk ad Ankara, la capitale e luogo delle sue sedi istituzionali più importanti, dove i “cittadini in erba” sono simbolicamente invitati a sostituire per qualche ora i funzionari statali nei loro uffici. Governano simbolicamente per un giorno, dispiegando il loro impegno per la pace e la fratellanza internazionale.

In occasione, dell’ultima ricorrenza, il presidente Erdoğan, che ama molto rivolgersi ai bambini per farsi intendere dagli adulti, li ha esortati a essere moralmente irreprensibili, resistendo alla corruzione il giorno in cui dovessero assumere delle responsabilità pubbliche nei più diversi settori della vita. «Proteggete le vostre famiglie, i vostri amici e le vostre scuole – ha rincarato il presidente – usate le opportunità della tecnologia, ma non siatene mai prigionieri. Apprendete ciò che vi viene insegnato a scuola, ma non limitatevi a questo. La vita è il miglior insegnante»: ecco i punti forti dell’intervento di Erdoğan.

Difficile non essere d’accordo con questi “saggi consigli”, ma altrettanto constatare quanto distante, da questi alti auspici, sia il mondo di coloro che già gestiscono il potere.

Resta poi problematica la condizione dei bimbi stessi per i restanti 364 giorni all’anno. Le statistiche ufficiali dicono che, in un Paese la cui popolazione è composta per il 27,2% di bambini, uno su tre di essi vive in povertà (difficoltà di accesso a un pasto quotidiano, alle cure sanitarie e ad altri aiuti di prima necessità), con riflessi importanti su vere e proprie piaghe sociali, come il lavoro minorile e i matrimoni concordati di minori.

A proposito del primo aspetto, nel 2019 il numero di bambini occupati, di età compresa tra i 15 e i 17 anni, aveva raggiunto quota 720mila; una cifra sicuramente aumentata negli ultimi due anni, anche a causa di un incremento dell’abbandono scolastico per le condizioni socialmente insostenibili dell’insegnamento a distanza, reso necessario dalla chiusura delle scuole per la crisi pandemica.

Al netto di questa emergenza e del flusso enorme di bambini rifugiati, in particolar modo siriani (di difficile inserimento scolastico), sicuramente le 16 riforme del sistema scolastico negli ultimi 18 anni, non hanno contribuito al miglioramento degli standard educativi turchi.

La conseguenza più drammatica di tutto ciò, sono i numeri sconfortanti della criminalità infantile: una media annuale di 90mila processi per reati, con oltre 9.000 condanne con sanzioni pesanti, malgrado la minore età degli imputati. Insomma, se sui bambini bisogna necessariamente riporre le speranze del futuro di una nazione, è soprattutto nel presente che non bisogna dimenticarsi di loro, pena accentuare le drammatiche incertezze per i tempi a venire!

Claudio Monge

NP Maggio 2022

 

 

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