Giovanni Damasceno

Pubblicato il 06-11-2022

di Chiara Dal Corso

È una figura da conoscere, alle origini dell’iconografia. Santo e Dottore della Chiesa universale, fu il principale teologo che si occupò, per incarico del papa di allora Gregorio III, della difesa del culto delle immagini sacre proprio nel periodo dell’iconoclastia, in cui esse venivano osteggiate, proibite e distrutte dallo stesso imperatore bizantino. Allora non erano ancora molto diffuse a causa della proibizione di raffigurare immagini di Dio, presente nell’antico testamento.

Siamo tra il 650 e il 750 circa. Giovanni, figlio di Sarjun, nasce a Damasco, da una famiglia ricca e influente di arabi cristiani, da cui eredita le conoscenze e le capacità contabili e succede al padre nella responsabilità economica del califfato. Successivamente, avendo studiato teologia e filosofia a Costantinopoli, decide di intraprendere la vita monastica ritirandosi nel monastero di San Saba, tra Betlemme e Gerusalemme, dove resterà quasi tutta la sua vita. Qui viene ordinato presbitero e riceve l’incarico di predicatore. Fu un grande difensore della religione cristiana, della teologia trinitaria e delle immagini sacre. Di lui ci restano numerosi testi: omelie, inni liturgici e diversi trattati di teologia che sono diventati fondamentali per la chiesa e la nostra fede. In particolare nella difesa delle immagini sacre (per cui scrive tre trattati) egli fonda le sue argomentazioni sull’Incarnazione, cioè sul fatto stesso che, in Gesù Cristo, Dio si è fatto uomo, di carne, e quindi VISIBILE. E proprio perché Dio – che fino ad allora nessuno aveva mai visto – ha preso un volto, un corpo umano in Gesù, noi adesso possiamo rappresentarlo. Da leggere il bellissimo testo di un’udienza di papa Benedetto XVI che parla proprio di san Giovanni Damasceno. Egli lo definisce come uno: «tra i primi a distinguere, nel culto pubblico e privato dei cristiani, fra “adorazione” che si può rivolgere soltanto a Dio, e “venerazione” che può utilizzare un’immagine per rivolgersi a colui che viene rappresentato. Con lui citiamo le parole del Damasceno: In altri tempi Dio non era mai stato rappresentato in immagine, essendo incorporeo e senza volto. Ma poiché ora Dio è stato visto nella carne ed è vissuto tra gli uomini, io rappresento ciò che è visibile in Dio. Io non adoro la materia, ma il creatore della materia, che si è fatto materia per me e si è degnato abitare nella materia e operare la mia salvezza attraverso la materia. Io non cesserò perciò di venerare la materia attraverso la quale mi è giunta la salvezza. (…) Non è forse materia il legno della croce tre volte beata?... E l’inchiostro e il libro santissimo dei Vangeli non sono materia? L’altare salvifico che ci dispensa il pane di vita non è materia?... E, prima di ogni altra cosa, non sono materia la carne e il sangue del mio Signore? O devi sopprimere il carattere sacro di tutto questo, o devi concedere alla tradizione della Chiesa la venerazione delle immagini di Dio e quella degli amici di Dio (…) che sono abitati dalla grazia dello Spirito Santo. Non offendere dunque la materia: essa non è spregevole, perché niente di ciò che Dio ha fatto è spregevole (Contra imaginum calumniatores, I, 16, ed. Kotter, pp. 89-90)» (Udienza Generale, 6 maggio 2009).

Giovanni Damasceno è importante anche per l’Arsenale, grazie all’icona di Maria Madre dei Giovani (XIX secolo, Russia sud-occidentale – probabilmente della zona di Kiev), del modello della Tricherousa, “delle Tre Mani”, che la tradizione collega a lui. Infatti si racconta che con un inganno dell’imperatore bizantino, Giovanni fosse stato accusato ingiustamente di tradimento al califfo islamico, che perciò l’avrebbe fatto mutilare di una mano e imprigionare. Passata la notte in preghiera davanti a un’icona della Vergine, Giovanni avrebbe ricevuto la grazia della completa guarigione della mano. Fortificato nella fede e nella sua missione, in memoria del miracolo, applicò all’icona una mano d’argento. Dopo la sua morte, essa sarebbe stata portata in un monastero serbo e successivamente nel monastero greco di Chilandari, sul monte Athos, da dove si cominciarono a produrre diverse icone della Madre di Dio “dalle Tre Mani”.


Chiara Dal Corso
NP giugno / luglio 2022

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