Giovani e Lavoro

Pubblicato il 03-05-2021

di Fabrizio Floris

La periferia è una moltitudine di solitudini. La vedi cammina­re solitaria, il più delle volte accompagnata dal cane e non capisci più se è l'animale che porta la persona fuori, solo per respirare un po' di nanopol­veri e rimettere in equilibrio i polmoni con il resto della città. Una massa che non si incontra, al massimo sta in fila compas­sionevole. Il movimento col­lettivo dei circoli, dei dibattiti, dei partiti, dei sindacati, dei "fiduciari di scala" e dei cortili, si è sempre più frammentato fino a diventare unità singola­re: un monachesimo non scel­to, ma costituito da lontananza più che di ricerca.

Uomini e donne che facevano parte di un flusso che si muoveva lungo un unico binario: casa-fabbri­ca, fabbrica-casa. Costituito da movimenti ripetuti, che nel tempo si erano fatti istintivi eppure questo stare fianco a fianco per ore, anni, nello stes­so luogo di lavoro, nello stesso quartiere, negli stessi pro­blemi aveva portato a sortire risposte collettive a problemi collettivi: era la politica che a tratti si scopriva comunità: una massa arretrata, ignorante, ingenuamente fiduciosa, ma non indifferente. Ogni storia era un romanzo inedito di personaggi in cerca d'autore. Ora la periferia è un insieme che non costituisce un'unità: un concetto sui generis.

Ai problemi hanno fatto seguito soluzioni rigorosamente indi­viduali perché ogni problema è percepito solo come proprio: è solo tuo (anche se è uguale a mille altri). Si è avverata qui la profezia di Margaret Thatcher "La società non esiste. Esistono solo gli individui". Un ripiega­mento su di sé che è diventato regressione, ricerca di surroga­ti che potessero compensare le relazioni e i sogni perduti. Poi sono arrivati l'invecchiamen­to, i cortili vuoti, il Covid che come una tempesta perfetta hanno fiaccato anche quei deboli bagliori trasformando la solitudine in povertà, come scrive Maurizio Maggiani «i poveri sono quelli che non sanno darsi un destino».

Ep­pure quando cammino per le strade di Mirafiori sono pieno di "soldi", l'aria è pulita, ho posti di lavoro da distribuire, la gente si informa sui giornali e sono parte attiva di una cate­na vitale che stringe mani che lavorano e, lavorando, trasfor­mano la periferia in circolarità vitale. Non sono sogni, ma un programma politico.

NP Febbraio 2020

Fabrizio Floris

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