Forse

Pubblicato il 15-07-2021

di Cesare Falletti

Siamo esseri pensanti, e questa è una gran cosa, perché vivere di solo istinto non si accorda con la nobiltà della creatura voluta da Dio come corona di tutta la creazione. Se avere dei pensieri è qualcosa di automatico e talvolta anche di ingestibile, il cosa farne è una nostra responsabilità grande. Innanzitutto non basta pensare per essere sicuri di avere pensieri giusti e il fatto che siano pensieri nostri non ci autorizza a imporli agli altri, né a credere che debbano essere immutabili, giusti e degni di essere difesi ad ogni costo.

Anzi. Il riflettere e l'ascoltare ci permettono di precisare, chiarire e anche mutare una certezza che ci sembrava avere come conquista definitiva. Immagino che Giacomo Leopardi era guidato da questo pensiero quando ha scritto che «la parola "forse" è la più bella del vocabolario italiano», e, aggiungerei, nelle sue varie traduzioni, di tutte le lingue, «perché apre possibilità e non certezze, perché non cerca la fine, ma va verso l'infinito».

È una parola che libera, perché è una parola umile, direi una parola pronta a servire, ad accompagnare, ma anche a stimolare. Chiede di andare oltre il momento presente, la certezza o la conquista attuale, per rilanciare il pensiero verso spazi più vasti. Non contraddice e non impone, ma non dà neanche ragione passivamente, per voglia di una facile pace. Ma ancor più proibisce banali affermazioni o imposizioni, spesso fonte di arroganza.

"Forse" non contraddice, anzi rispetta la proposizione altrui, ma la stimola a non divenire una parola che chiude e comprime lo spirito in uno spazio ristretto, dove manca il respiro; è come un vero educatore che attende che il discepolo avanzi e raggiunga nuove conoscenze maturando il suo pensiero. Se si vuole far nascere la pace e diffonderla, mi sembra che occorra questo tipo di atteggiamento; anche quando in un giusto e sano dibattito si lotta per una posizione, cosa legittima se non è solo per il proprio interesse, è importante lasciare lo spazio del "forse", altrimenti si drizzano dei muri, che segnano i cuori, più ancora dei muri di cemento che dividono le città e i territori. La grandezza dell'uomo consiste in gran parte nella sua capacità di guardare l'infinito senza averne paura.

Questo ci può riportare ancora ad un altro testo di Leopardi, ben conosciuto: «Io quello infinito silenzio a questa voce (del vento) vo comparando: e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare». Se pare esserci un'ombra di malinconia, trovo che ancor più c'è un respiro di libertà e di grandezza che permettono all'altro di esistere, perché non si rinchiude le mani nel piccolo spazio del "mio"; questo gesto è la sorgente di tutte le guerre mondiali, sociali o familiari. Il Vangelo, facendoci camminare con Gesù nella semplice esistenza umana, ma con uno sguardo e un respiro che dilatano il cuore che non trova e non pone più ostacoli, ci accompagna in questo cammino.

Per dare libertà agli altri occorre essere una persona libera; libera da tutto ciò che dentro di noi si annoda, ci stringe e ci soffoca: dalla paura all'avidità, dal sospetto a tutti i sentimenti che rendono, anche quando non lo vogliamo espressamente, l'altro un nemico, come l'invidia, la gelosia, l'orgoglio… Una persona oppressa e anche sotto tortura può dare la libertà al suo aguzzino, un'altra attaccata in modo malsano e cattivo a se stessa non solo non sa lasciare la libertà agli altri, ma non può viverla neanche in se stessa.

Certo "forse" può diventare anche un rifiuto o uno scherno: tutte le parole possono avere anche un senso distorto; tocca a chi le usa essere onesto con esse.


Cesare Falletti
NP marzo 2021

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