Energia

Pubblicato il 14-08-2022

di Carlo Degiacomi

L’invasione dell’Ucraina (mentre stiamo scrivendo continuiamo a sperare un cessate il fuoco che non sta arrivando) ha riproposto drammaticamente la questione energetica che in Italia si avvale per l’11% di fonti rinnovabili, per il 7% di idroelettrico, per il 4% di carbone, per il 36% petrolio, 42% metano (oggi 80% da fonti fossili). Il 77% del fabbisogno di energia è importato. In Europa la media di uso del metano è del 40% (Germania 26%, Francia 17%), di cui 36% importato dalla Russia. Riordiniamo i punti su cui a lungo ci sarà da ragionare con un’opinione pubblica consapevole, oltre lo stress, per l’oggi e per le future generazioni.

LE SPECULAZIONI C'è negli aumenti dei costi del metano e del petrolio un aspetto speculativo di extra profitti, che si riversa sui consumi di famiglie, aziende e città, realizzati da chi distribuisce l’energia a vari livelli. Occorre evitare e perseguire la speculazione (incide almeno del 5%), rivedendo anche il modo in cui l’agenzia pubblica addetta definisce i costi ogni tre mesi. Poi c'è la tassazione che da sempre in Italia ha un valore sproporzionato (circa 51%). L’Unione Europea e gli Usa sono impegnati a costruire le condizioni per serbatoi comuni di energia in grado di sostenere le emergenze gravi e di proteggere i Paesi che hanno minore autonomia energetica. La UE non intende, per ora, mettere in discussione i piani ecologici per il 2030 e 2050. Il Governo interviene con misure temporanee ma dovrebbe cercare di collegarle a criteri di eguaglianza e coerenza con le misure strutturali urgenti.

I CONSUMI L’attenzione di molti cittadini, operatori economici, città… ai propri consumi è oggi significativa. È possibile agire subito per evitare sprechi ed eccessi sull’energia, specie in una situazione di emergenza: ridurre di alcuni gradi il riscaldamento, l’uso delle automobili, di molti elettrodomestici, scegliere mete più vicine per viaggi e gite. Ogni cosa serve (potrebbe portare a risparmi almeno del 10/15% comprendendo pubblico e privato) ma non basta. Occorrono azioni strutturali (ove possibile) come il cappotto, i cambi di caldaia, di serramenti, i pannelli solari, le pompe di calore, elettrodomestici meno energivori…

LE SCELTE DEI DECISORI Occorrono scelte serie e immediate dei decisori (governi a ogni livello), spesso invece rinviate e miopi, su ogni aspetto. Dai risparmi collettivi (mezzi di trasporto, edifici pubblici e privati, illuminazione pubblica, illuminazione negozi e luoghi urbani, luci e motori elettrici nelle aziende…) alle modifiche e sostituzione dei consumi tradizionali da fonti fossili ad accelerazione delle rinnovabili, con una road map definita, con un’energy mix diverso dall’oggi.

NO A POSIZIONI POLARIZZATE in cui vengono proposte soluzioni ideologizzate e assolute, quando invece bisogna trovare percorsi realistici capaci di fornire risultati di energia applicabili subito per evitare conseguenze sociali fuori controllo. D’altra parte nell’opinione pubblica l’insicurezza delle fonti tradizionali, lo stress per chi vede modificarsi il proprio lavoro e le proprie entrate, trova benzina per innescare fuoco da parti politiche e interessi economici che cercano di protrarre il più lungo possibile posizioni conquistate oggi insostenibili. Bisogna andare in altre direzioni rispetto alle fonti fossili (gas, petrolio, carbone) e porsi il problema di che cosa si può fare adesso affrontando i problemi che toccano le fasce deboli. È un passaggio epocale che è meglio affrontare in modo attivo, piuttosto che subirlo illudendosi di portare indietro l’orologio.

STRATEGIA FLESSIBILE MA CHIARA La guerra in Ucraina è un acceleratore, ma prima dell’inverno prossimo c'è tempo per organizzare alternative e recuperare fonti energetiche anche temporanee. L’utilizzo maggiore del carbone per alcune centrali (4 attive nella penisola che producono il 5% del fabbisogno nazionale), in questa ottica va comunque messo in atto come soluzione estrema, perché dannosa alle popolazioni vicine gli impianti. Una strategia di lungo periodo. C'è un’emergenza dovuta all’invasione russa, c'è una scelta che guarda le modifiche indotte da una geopolitica ormai modificata per lunghi anni (la rinuncia già decisa al Nord Stream 2 – raddoppio gasdotto), ma c'è un futuro prossimo ancora ben più ampio. L’Unione Europea esprime da anni una strada ben precisa: schiacciare l’acceleratore sulle fonti rinnovabili con pianificazioni anche regionali di respiro. Incrementare i fondi Pnrr per aiutare la transizione. Nel Pnrr italiano attuale sarebbe utile aumentare la spesa green. Le scelte italiane non possono che guardare all’Europa. In tre anni è possibile ridurre del 50%, la necessità di gas russo – del 75% in 5 anni – con manovre combinate.


Carlo Degiacomi
NP aprile 2022

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