Ecco Andrea!

Pubblicato il 14-10-2021

di Matteo Spicuglia

Ci sono vite apparentemente incomprensibili, fragili e trasparenti come il cristallo. Vite caricate di pesi assurdi, eppure capaci di esprimere parole lievi. Non è facile scovarle, come non lo è incrociare il segreto di ognuno. A me è successo con Andrea Soldi, un uomo di 45 anni malato di schizofrenia, morto il 2 agosto del 2015 durante un trattamento sanitario obbligatorio violento.

Andrea conviveva con allucinazioni terribili da quando aveva 20 anni. Rifiutava le cure da mesi. Quel giorno era seduto sulla sua panchina in un parco pubblico di Torino quando uno psichiatra e tre vigili urbani arrivarono per convincerlo a seguirli in ospedale.
Al suo rifiuto, lo bloccarono, lo presero al collo, lo ammanettarono, lo buttarono a terra a pancia in giù e lo caricarono così in ambulanza. Nessuno si accorse della sua sofferenza: Andrea dopo pochi minuti sarebbe morto per insufficienza respiratoria. Fin qui la cronaca degli ultimi istanti che però dicono poco della vita che scorreva nelle sue vene. Ce l'ha mostrata lui stesso in un diario ritrovato dal padre dopo la morte: pagine manoscritte e lettere mai inviate ai famigliari in cui Andrea per tanti anni riuscì a mettere nero su bianco le emozioni che viveva, la fatica che lo accompagnava, ma anche la bellezza e la forza che lo abitava.
Sì, una forza fragile che lo portò a scrivere frasi bellissime sul senso della vita, sul valore dell'amicizia e dell'amore, sull'importanza della famiglia.
Parole che adesso sono patrimonio di tutti.

Ecco la fiducia di Andrea: «Luci… è il buio. Un arcobaleno si alza e si eleva.
È tutto colorato e si piace, sa di essere bello! Una mano vuole toccare le sue ombre ma in realtà spera di crearsi luce da sé… sogna! Di notte si sogna e… e fu così che aprii gli occhi e vidi un cheyenne indiano col capo chino e gli occhi lucidi, una lacrima sul viso che scendeva per non fermarsi più. Lui è nato tanti anni fa, sua madre lo mise al mondo creandogli un destino.
Il saggio disse: "No, non può". Così si alzo il vento forte, cadevano le foglie dai rami, si infrangevano tra loro scuotendosi il passato di un mondo antico che non ha più voce e la sua non è altro che luce remota. Fu così che capo cheyenne si inventò delle sporche parole e il bimbo crebbe in lui come in un Dio. Questo è essere qualcuno, credere anche a chi non ti dà fiducia».

Ecco la capacità di Andrea di lasciare andare: «Una foglia attaccata ad un ramo insegue il suo destino guardando dall'altro della sua immaginazione tutte le cose che gli passano e si muovono e non tornano più. Lei un giorno sa di doversi staccare e perdere i colori che la rendono elegante e fine, ma le amiche foglie muoiono insieme a lei e accompagnano il loro dolore con il vento dalle forti piogge e il nascere di un evento che non ha più fine… Tornerà a vivere, nella terra, ai confini dell'immaginazione, sepolta di fiori e alberi che come si sono spogliati della vita. Un giorno si innamorò della sua ombra, non volle più lasciarla e il duro essere la spazzò via, come se tutte le cose debbano avere un inizio per scomparire nel nero dell'assoluto, nella lontana cometa dei tempi. Ma venne la sua scia, conobbe il mondo, ci visse come quel pianto caduto nell'inferno e adombrato da una ragnatela sulla cui rete cadde il fuoco, scaldò il buco, scese la neve, domandandosi il suo perché e convinto di non essere mai esistito.
Il respiro e lo sguardo, le labbra e le mani, il cuore che batte è più forte di lui e la sua eterna catena, un tempio a cui appartiene, per essere e non avere, ma credere».

Ecco la fede di Andrea: «Una luce passa e crea il pianto. È lui, sta piangendo!
Non sa di essere amato ma ama. Pensa ai ricordi, un brivido gli scorre dietro la schiena, singhiozza dal magone.
Perché? Nasco, vivo, perché tutto debba avere una fine. Non è giusto. Saremo stelle che si muovono nell'infinito del silenzio e non una voce ci sarà. I suoi occhi lucidi non danno fine al pianto, le labbra si toccano ed ebbe la forza di gridare nel buio dei tempi, ai miliardi di anni che dovranno ancora essere di fronte a un destino incognito: Dio, calore nel gelo, luce nel nero, voce nel silenzio, tempo dei tempi, fa' che possa ancora piangere. Non si ama se non si soffre».


Matteo Spicuglia
NP giugno / luglio 2021

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