Dio, perchè?

Pubblicato il 08-09-2011

di Gianni Giletti

Le catastrofi naturali la morte la sofferenza il dolore incolpevoli ci interrogano. E la nostra risposta non può limitarsi a diventare a sua volta domanda.

a cura della redazione

Se Dio è veramente Dio, perché non fa niente di fronte al male? Come mettere d’accordo un Padre buono e misericordioso con la sofferenza e le devastazioni del mondo? La domanda sorge spontanea di fronte a catastrofi naturali come quella di Haiti, un Paese già flagellato dalla miseria. Piove sul bagnato, come dice il famoso detto popolare.
Per dare un tentativo di risposta ci facciamo aiutare da due contributi. La prima è una riflessione che dom Luciano Mendes ha fatto durante un incontro all’Arsenale della Pace in cui gli era stata rivolta questa domanda. La seconda è una parte dell’intervento di Ernesto Olivero domenica 18 gennaio durante la trasmissione di Rai 2 Mattina in famiglia.

Nella sua riflessione, dom Luciano aveva iniziato con una frase perentoria: il male nel mondo non può avere una spiegazione razionale. E aveva subito continuato: “Se l’avesse, non sarebbe più tale, perché diventerebbe comprensibile. Siamo come avvolti dalla nebbia che ci impedisce di vedere la luce. Qualcuno potrebbe concludere che il male e il dolore sono talmente scombussolanti che non permettono più di vedere l’amore di Dio, di armonizzare il male evidente con la bontà del Signore. Ma davanti alla sfida del dolore incolpevole è possibile un altro atteggiamento: riconoscere che non si è in grado di capire il perché queste cose succedono, ma non dubitare che Dio ci ama, fare dell’amore di Dio una convinzione così forte e penetrante che non crolla mai.
Non avendo la possibilità di spiegare perché Dio permette la distruzione di vite che potevano essere risparmiate, ad esempio da un terremoto, ci presentiamo davanti al Signore riconoscendo la nostra difficoltà di spiegare il fatto, ma ci affidiamo a Lui nella certezza che saremo capaci di capire in chiave nuova il perché di tanti misteri. È quello che San Paolo scriveva riflettendo su tanti dolori: “Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8,28), che sono convinti di essere amati da Dio. Questo ci avvicina ancora di più a Gesù che, sulla croce, soffriva, ma si affidava al Padre per portare fino alla fine il suo gesto, la sua testimonianza di amore per noi.

croceweb.jpgÈ la grande lezione della croce: non solo un mistero della sofferenza, ma anche una luce che illumina il mistero della vita umana quando si presenta la realtà del male. Questa considerazione ci deve far pregare molto, perché non è facile, quando siamo dentro la sofferenza, vedere le cose chiaramente, ma non possiamo non ringraziare il Signore che ci ha donato questa luce con la sua passione.
Generalmente pensiamo la croce di Gesù così alta che noi dobbiamo elevare lo sguardo; Cristo invece è vicino, quasi ci invita a vedere da vicino le sue sofferenze, le piaghe, i chiodi, la corona di spine, il suo cuore aperto a noi. Tutto questo ci fa pensare e ci dà la grazia nuova di avvicinare la passione del Cristo alla nostra vita; così ci fa avvicinare la luce al buio della nostra vita e ce ne fa comprendere tanti aspetti.

Se consideriamo la vita umana come frutto della solidarietà, della condivisione, della partecipazione, allora possiamo entrare nel mistero del male condividendo con gli altri le situazioni in cui si trovano e farle nostre per amore, come ha fatto Gesù. Davanti a molte situazioni, pur non capendo il perché e il come sono permesse da Dio Padre, sentiamo delle forze che nascono dall’amore nostro verso di Lui e ci affidiamo alle sue mani. È complicato, ma è pur vero che è la prova più bella dell’amicizia: fidarsi e affidarsi alla presenza dell’amato”.

Domenica scorsa Ernesto durante la trasmissione su Rai 2, interpellato dai conduttori, a sua volta ha fatto questa considerazione:
“Noi ci chiediamo: Dio, dove sei nel terremoto? Dio, dove sei nel dolore? È naturale e anche comprensibile che possiamo chiedere a Gesù il perché, ma lui può chiedere a me: Tu dov’eri? dov’è tuo fratello?.

Noi siamo i custodi gli uni degli altri, noi abbiamo la possibilità di costruire case che non si sbriciolano con un terremoto, noi abbiamo la possibilità di eliminare la fame nel mondo che ogni giorno – ogni giorno! – causa 30.000 morti, in un anno molte, molte più volte delle vittime causate dal terremoto di Haiti. Adesso i bambini di Haiti fanno tanta pena, ma ai bambini che ogni giorno muoiono di fame, a migliaia a migliaia, chi ci pensa?

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Dov’è l’uomo, dov’è il fratello, perché l’avidità
è diventata il dio per tante donne e tanti uomini? Se l’uomo risponde a queste domande capisce che può abolire la fame, può soccorrere le persone. L’uomo deve dire: io sono vicino a mio fratello notte e giorno”.

 

a cura della Redazione

 

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