Dimenticati

Pubblicato il 12-06-2021

di Stefano Caredda

Da mesi è al centro dell’attenzione e a lungo ancora ne sentiremo parlare: di “Recovery Fund”, “Next Generation Eu” o “Recovery Plan” sono pieni i giornali e i telegiornali. Il fondo approvato dall’Unione europea per sostenere gli Stati membri colpiti dalla pandemia da Covid-19 rappresenta una grande occasione da sfruttare per l’Italia, e per farlo occorre fare il meglio perché il “Piano nazionale di ripresa e resilienza” – che contiene appunto le azioni e i progetti da attuare nel concreto – sia il migliore possibile.

L’ambiente, l’innovazione, la digitalizzazione, la mobilità sostenibile, la sanità, il lavoro, l’istruzione, le infrastrutture, la giustizia sono alcune fra le tante aree di intervento.

 

Alcune fra queste si configurano come delle vere e proprie riforme di settore, capaci di modificare radicalmente l’approccio fin qui tenuto. Giustamente in molti hanno fatto notare che il Piano deve guardare alle future generazioni, avendo dunque uno sguardo di lungo periodo. Ma ciò non significa necessariamente che debba dimenticare completamente chi sta nella condizione opposta, cioè gli anziani, in particolare non autosufficienti, che peraltro sono stati proprio quelli che hanno pagato il prezzo più alto della pandemia.

 

A livello di grandi politiche sociali, il nostro Paese ha vissuto per decenni un ritardo cosmico, in particolare rispetto a tre grandi categorie di persone: i poveri, le famiglie con figli e gli anziani non autosufficienti. Con grande fatica l’Italia ha portato a casa negli ultimi anni (pur con tutte le sue pecche) uno strumento di contrasto alla povertà assoluta (il Rei poi trasformato in Reddito di cittadinanza), e si avvia a far partire una riforma, quella dell’assegno unico per figlio, che promette di rivoluzionare almeno l’approccio rispetto ai carichi familiari.

 

La non autosufficienza è rimasta invece ferma al palo, e neppure la strage di anziani causata dal Covid-19 ha portato finora a sensibili miglioramenti. Ecco perché un gruppo di studiosi riuniti nel network Non Autosufficienza ha proposto di introdurre nel Recovery Plan anche una riforma che da un lato preveda un piano di riqualificazione delle strutture residenziali, per migliorare la qualità di vita degli anziani che vivono in esse, e dall’altro che punti a rafforzare i servizi domiciliari, allargando la prospettiva sanitaria anche al piano sociale. Significa un cambio di passo: pensare che per far stare bene l’anziano non autosufficiente occorre aiutare e sostenere coloro che sono la sua famiglia e che vivono in casa con lui. Caregiver e badanti compresi.

Finora, viene fatto notare, la politica si è occupata poco del tema perché in fondo agli anziani non autosufficienti hanno in larga misura pensato proprio le famiglie, spesso con grande fatica e sacrificio.

 

Ma in un Paese che invecchia sempre più questo è un equilibrio destinato a crollare e c’è bisogno di pensare per tempo a cosa inventarsi. Farlo dentro il Recovery è una possibilità. Ma in ogni caso, comunque, questo – insieme al tema della natalità – rimarrà uno dei punti più importanti dei prossimi anni.

 

Stefano Caredda

NP marzo 2021

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