Dieci anni di incontro

Pubblicato il 05-08-2016

di Rosanna Tabasso

È possibile quando gli ultimi diventano i primi.

di Rosanna Tabasso - L’Arsenale dell’Incontro di Madaba ha compiuto 10 anni. Il 1° giugno si sono radunate quasi mille persone per festeggiarlo e protagonisti sono stati i duecento bambini disabili che accogliamo, le loro famiglie e i giovani. Anche sul palco hanno avuto loro il primo posto, per descrivere una giornata all'Arsenale, la scuola, i servizi di volontariato, le persone che offrono aiuti e disponibilità. “Il mio posto è in mezzo a voi” diceva lo striscione della giornata e i bambini disabili lo hanno espresso cantando, recitando, danzando con naturalezza, con una gioia contagiosa. La parola ricorrente è stata grazie, shukran.

C’è un altro grazie che abbiamo ripetuto, a Maria Teresa, una di noi della Fraternità partita da Torino per restare in Giordania. È morta un giorno dopo il suo arrivo, dieci anni fa. Pochi mesi dopo nasceva a Madaba l’Arsenale dell’Incontro dedicato a lei. Nasceva nonostante le grandi difficoltà, perché eravamo certi che la sua vita donata sarebbe stata come il seme che caduto in terra muore e porta frutto. Oggi l’Arsenale per l’incontro tra cristiani e musulmani, disabili e normodotati, giovani e adulti… è pieno di gente che si sente a casa. I bambini sul palco sorridono, felici di far parte di una comunità che per una volta – ma dovremmo farlo sempre – li mette al centro.

Ci hanno raccontato di un dialogo all’università tra alcuni giovani cristiani scettici sulla Chiesa, che a loro dire non è più quella del Vangelo. Uno di loro – che non conosciamo – interviene: “Io vi dico che la Chiesa di Gesù c’è ancora. È a Madaba, è il Beit'Illiqà, l’Arsenale dell’Incontro”. Non è un vanto scriverlo qui, è ancora un grazie a tutti quelli che ci hanno creduto, italiani e giordani, Fraternità e volontari. La Fraternità ha dato tutto quello che poteva, con tutte le forze. C’è stato chi ha dissodato la terra, chi l’ha seminata, chi l’ha irrigata, chi ha raccolto. Oggi i frutti sono di tutti, sono di una Fraternità che tenta di essere “Chiesa di Gesù”. Ricordarcelo è dire grazie al Signore che ha orientato, diretto, sostenuto e operato per noi. In questi lunghi anni, spesso nel buio, solo Lui sapeva dove stavamo andando e solo Lui guidava noi e il nostro agire. Senza lo sguardo di fede cui ci abitua la Scrittura nulla ha senso, tutto diventa opaco, gli avvenimenti della storia rimangono ambigui, la speranza si affievolisce, si perde il senso della missione.

Grazie a Dio, che non ci ha fatto mai mancare questo sguardo, non abbiamo smesso di credere che Gesù era con noi: “La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre” (Col 3,16-17). Questa Parola ci aiuta a cambiare continuamente prospettiva. Ci educa a vivere con la riconoscenza nel cuore pur in mezzo a prove e a difficoltà che paiono insormontabili. A Madaba, il giorno dopo la festa, le difficoltà non sono mancate, per ricordarci che il cammino continua, ma il Signore c’è sempre stato e continua ad esserci. E noi nel bene e nel male gli rendiamo grazie.

Negli Arsenali di Madaba, San Paolo, Torino, ma anche in tutte le nostre case, abbiamo bisogno di riscoprire la dimensione della riconoscenza, di accorgerci che siamo immersi nei prodigi di Dio: la vita, la creazione, le persone che ci circondano. Nulla è lasciato al caso, tutto è ricondotto a un disegno di amore del Padre, di Gesù, dello Spirito. Ringraziare sempre e per ogni cosa ci aiuta a non diventare tristi, a non lasciarci prendere dall'avvilimento che oggi mina la qualità del nostro vivere, ci incupisce con il pensiero che non c’è più ragione per sperare. Nella complessità del nostro vivere quotidiano, invertiamo la tendenza della tristezza e della malinconia e ricominciamo a ringraziare per ogni cosa, per ogni persona, per i momenti lieti e per le prove. Ringraziamo Dio con costanza per rendere umile il nostro cuore e poter vedere la sua mano che guida noi, i fatti della nostra vita, la storia dell’umanità e non perdere così la speranza.







Rubrica di NUOVO PROGETTO

 

 

 

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