Dentro le città

Pubblicato il 01-09-2020

di Pierpaolo Rovero

Pierpaolo Rovero vive e lavora a Torino dov’è nato nel 1974. È pittore e disegnatore di fumetti. L’abbiamo conosciuto tanti anni fa e da allora collabora a Nuovo Progetto con la striscia Yonas e Senait. Gli abbiamo rivolto alcune domande sul suo percorso artistico e non solo.

Qual è stato il tuo percorso?
Disegnare è una passione e come tutte le passioni le coltivi da piccolo. Per esempio, il legame tra il voler disegnare e poi farne un lavoro, è nato anche tramite Yonas e Senait, perché sono due persone reali. Sono due eritrei, arrivati con la loro mamma in Italia una trentina di anni fa, furono ospitati a casa nostra diventando un po’ parte della famiglia. Quando ho avuto vent’anni, ho deciso di andare a conoscere un po’ la famiglia di origine di questi amici. Zaino in spalla, sono andato in questo villaggio eritreo e vi ho passato un mese, dove praticamente non parlavo con nessuno, l’unico linguaggio che avevo era quello del disegno. Lì ho maturato l’idea che il disegno non è solo una passione, ma una parte importante che volevo coltivare. Adesso vivono in Germania, ma ovviamente siamo ancora in contatto. Nella striscia, li ho riportati nell’età in cui li ho conosciuti. Senait nella vita reale ora è una dottoressa e sta affrontando anche lei il problema di questa emergenza in prima linea.

Dove andavi a scuola?
Io non ho fatto scuole d’arte. Finito il liceo scientifico mi sono iscritto di Lettere e filosofia, però avevo già la consapevolezza che avrei voluto fare il disegnatore. Quando sono andato in Eritrea ne ho avuto la conferma e poi da lì ho provato a spedire i miei lavori. All’epoca c’era l’Accademia Disney a Milano che formava i futuri disegnatori della Disney. Un giorno ho ricevuto una telefonata che a ricordarla mi emoziona ancora, perché dall’altra parte del telefono c’era Giovan Battista Carpi, uno dei più grandi disegnatori della Disney, creatore di Paperinik, che mi invitava a Milano. Da lì è nata l’esperienza che ho vissuto in Disney. Io non avevo mai disegnato i personaggi della Disney, soltanto i miei personaggini. Sono entrato in una grande aula dove Carpi stava insegnando. Ha fatto una domanda di letteratura, per lui era molto importante la cultura per poter disegnare. Nessuno sapeva rispondere. Io ero fresco di maturità e ho alzato la mano. Ogni tanto serve un po’ di fortuna ...

Ti ha fatto fare un disegno?
Nel momento in cui mi ha fatto fare il disegno ha capito che aveva sbagliato a prendermi. Mi aveva chiesto di disegnare un Paperino e l’ho disegnato malissimo. L’ha preso davanti a me e l’ha strappato senza dirmi niente. Ho sentito il cuore che si lacerava, anche perché a me sembrava bello e poi mi ha detto di tornare con altri cento Paperino. Sono tornato a casa e mi sono allenato. Avevo l’appuntamento per la settimana successiva. La sua sfida era vedere se resistevo e se avevo la volontà di continuare. Ho realizzato allora che in tutte le cose è bello avere il sogno, è bello avere il desiderio, ma poi alla fine quello che conta è quanto sei disposto a sacrificarti, a impegnarti per ottenere quel risultato.

Ad un certo punto sei tornato, gli hai fatto vedere i disegni e poi?
Gli ho portato il plico, li ha guardati tutti e arrivato all’ultimo mi fa: adesso posso iniziare a dirti cosa hai sbagliato e iniziamo a fare le correzioni. Praticamente mi ha stravolto tutto quello che avevo pensato.

Sei stato alcuni anni in Disney e poi sei andato da un’altra parte…
Sì. È stato un salto nel vuoto perché sembrava potessi continuare, volevo continuare. Da un lato è stata una fatica per me. Uno guarda la propria età e si dice che forse è il momento di fare delle scelte o diventa troppo tardi. La sensazione che avevo era quella di trasformarmi in un impiegato del fumetto, cioè continuare a disegnare sempre la stessa cosa mentre la cosa più divertente del disegnare è quella di spaziare, di cambiare, di modificarsi, di esplorare anche strade diverse. Ho lasciato la Disney, sono andato in Francia e lì mi sono proposto come disegnatore senza sapere cosa sarebbe successo. Ho lavorato per due case editrici francesi e ho avuto tutto un percorso legato a quel mercato lì. È stato anche difficile perché mi hanno chiesto di cambiare completamente stile e modo di disegnare. In Francia non era vista benissimo l’idea che fossi un disegnatore Disney perché si sa che i francesi hanno l’idea di non volersi contaminare troppo con l’estetica americana…

Come nutri la tua creatività? O quali sono le cose che possono ucciderla?
Io credo che la creatività si nutra di vita. È sempre importante avere un contatto diretto con la vita reale, almeno per me questo legame è fondamentale. Se manca l’osservazione, se ci si chiude pensando che le idee possano arrivare isolandosi, probabilmente si rischia. Invece è molto importante vivere, guardare, osservare quello che ti circonda, dialogare e cogliere segnali che ti possono arrivare da mille strade. Credo che uscire di casa e guardarsi intorno sia un ottimo modo di stimolare la propria sensibilità.

Invece come è nato il progetto dei quadri di città?
L’idea è quella di parlare del periodo di quarantena imposto dal Covid e descrivere un po’ come il mondo ha vissuto questa reclusione ispirandomi anche ad Imagine, la canzone di John Lennon. Tra l’altro nel video originale c’è un’idea semplicissima, John che suona e Yoko che apre le finestre. L’atto di aprire le finestre mi è sembrato un atto geniale, bellissimo, applicato a quel testo lì è perfetto. Allora ho pensato: se loro aprono le finestre cosa guardano? Ho immaginato che stessero guardando tutto il mondo, il mondo unito che si esprime al meglio, e quindi un mondo di pace, dove tutti amano. E allora ci saranno delle città in cui la gente dipinge, delle città in cui la gente suona, delle città in cui la gente legge… Cioè tutte azioni che ci qualificano veramente come esseri umani ma nel bene, nella sensazione che dobbiamo riscoprirci sistema. Siamo un sistema e dobbiamo anche riscoprire queste doti che ciascuno di noi può avere. È un po’ un modo per mettere in luce questi aspetti. Con un occhio rivolto all’attualità, per esempio adesso sto lavorando sullo Yemen. Vedendo queste mie illustrazioni, una ragazza di Madrid mi ha contattato e dato indicazioni per mettermi in contatto con un ragazzo dello Yemen che può darmi informazioni sul quel Paese. Per descrivere Gerusalemme, un amico israeliano mi ha dato informazioni sui suoi palazzi, sul modo di vestire della gente... Quindi oltre ad elementi immaginari, cerco di stare attinente al reale, anche se magari poi metto il cammello dentro la casa perché anche lui è in quarantena… Finora ho disegnato una decina di città e mi piacerebbe farne tante!

pierpaolorovero.com
@pierpaolorovero

NP giugno / luglio 2020

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