Dentro l'emergenza

Pubblicato il 19-08-2021

di Mauro Palombo

Sempre scarse le notizie che arrivano; anche se in questi ultimi mesi la regione ha dovuto fronteggiare una nuova terribile crisi che la pace raggiunta nel 2018 tra Eritrea ed Etiopia sembrava poter aver archiviato per sempre. Il conflitto nato tra la regione del Tigray e il governo federale etiope, ha finito subito per coinvolgersi anche la confinante Eritrea e in uno scenario già di forte precarietà, indigenza, e insicurezza alimentare, una guerra è l’ultima cosa di cui ci possa essere bisogno.

Non è la sola emergenza che si vive.
Già da anni il Paese era tenuto in uno stato di quasi totale isolamento dal resto del mondo, ma fin dal primo annuncio della pandemia ormai tredici mesi fa, sebbene la situazione sanitaria non risulti grave, l'autorità civile e militare ha ricorso all'isolamento totale del Paese dai collegamenti diretti e indiretti con i Paesi confinanti e non, per cielo, terra e mare. Lo stesso esclusi i movimenti interni tra regione e regione, città e città.

Luoghi di culto come moschee e chiese, scuole di tutti i livelli, luoghi pubblici di attività produttiva e commerciale, inclusi i mercati delle granaglie e i negozi di beni alimentari di prima necessità, a tutt'oggi ermeticamente chiusi, con solo modesti segni di allentamento.
Come ovunque nel mondo, le conseguenze economiche e sociali della pandemia sono molto pesanti.
I bambini sono le più immediate vittime di questa fatalità, con due anni scolastici persi, isolati nelle case, e provati dall'indigenza e dalla penuria sanitaria e alimentare.

Purtroppo, lo scorso ottobre-novembre, è regolarmente arrivata l’invasione delle locuste a danno del già scarso raccolto stagionale; fenomeni che possono almeno in parte essere controllati e ridotti, ma investendo risorse e coordinandosi a livello regionale.
I pesanti danni contribuiscono ad un momento particolarmente critico di emergenza alimentare. La comunità internazionale in larga parte è indifferente verso la condizione del Paese e della sua gente. Il fatto che negli scorsi anni ha riportato di quando in quando la situazione Eritrea alla cronaca, sono stati i rifugiati che vi provengono, giovani soprattutto, in fuga dal servizio militare a vita, a lungo un flusso notevole rispetto alla popolazione.

Dallo scorso anno tuttavia, l’Europa non accoglie quasi più chi fugge da un Paese "in pace", mentre da mesi il conflitto regionale ha reso impossibile anche la precedentemente continua fuga in Etiopia, da cui piuttosto i rifugiati vengono ora forzosamente rimpatriati.

In questo scenario tanto difficile e complesso è ancora più importante continuare a sviluppare le vitali iniziative che, principalmente con gli amici padri cappuccini, diffusamente presenti tra la gente, da lungo tempo sono in corso. Progetti sulle più urgenti necessità nei villaggi: piccoli impianti fotovoltaici, laboratori di cucito, acqua sicura per il consumo, rendere possibili maggiori coltivazioni per il sostentamento delle comunità, sistemare infrastrutture locali, sostenere scuola, asili e iniziative con bambini e ragazzi.

Oggi si aggiunge la necessità urgente di aiuti per chi più è colpito dalla pesante emergenza economica e sociale indotta dal Covid.
Buoni risultati sono già stati ottenuti finora. Ed è ancora più forte il comune desiderio di attuare quanto prima tutto quanto di volta in volta sarà possibile fare tra le varie iniziative in cantiere.


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Mauro Palombo
NP aprile 2021

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