Dalla quarantena

Pubblicato il 30-07-2020

di Andrea Gotico

Dall’inizio di questa storia mi guardo intorno e penso: chissà quanti spunti su cui scrivere? Qualcuno ha anche azzardato dire: «Chissà quanto tempo per fare quelle cose che non ho mai potuto fare!», si abusa anche un po’ di quell’immagine dell’uomo che salva il Paese stando sul suo divano. Di certo non si riferiscono al mio: sono in quarantena con moglie e tre figli di cui uno ha tolto il pannolino spargendo le sue “tracce” in ogni angolo della casa, divano compreso! Sul divano a casa mia al limite puoi trovarci mia figlia che si è appena affacciata alle meraviglie di Netflix e dell’adolescenza (contemporaneamente). Poi c’è quello di mezzo che si arrabatta tra una puntata di Pokemon e approcci improbabili alla scuola online. No, credetemi, non c’è tempo per il divano. Mai! Devo svegliarmi alle 5,00 per studiare le frazioni e i pronomi personali, il simple past e la fotosintesi clorofilliana; vivo in uno strano spazio-tempo a cavallo tra il congiuntivo e il cosa mangio per cena, non so più che giorno sia. Non c’è tempo per il divano! A fine giornata mi butto a letto e sento di aver capito il significato del «tutto è compiuto!». Viviamo una grande tragedia, ma non posso fare a meno di pensare a questa cosa come un’occasione immensa ed irripetibile. Sono certo che ognuno di noi, ovunque si trovi: su di un divano o in un ospedale, sommerso di pannolini o chino sui libri, ha la possibilità di capire finalmente che è da quel posto esatto che può cambiare finalmente il mondo. E che forse alla fine dovremmo dire grazie ad un virus così piccolo che ci ha fatto capire cose molto grandi.

 

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