Cronaca di una giornata speciale

Pubblicato il 05-05-2023

di Matteo Spicuglia

Esistono luoghi che sono come metafore. Dicono cosa sono stati e le strade nuove che hanno incrociato. Rendono visibile il dolore del passato e al tempo stesso la possibilità di riscatto.
L’Arsenale della Pace di Torino dal 2 agosto del 1983 è fatto di questa sostanza. La vecchia fabbrica di armi che produsse parte dell’artiglieria delle guerre del Risorgimento e delle due guerre mondiali trasformata dal lavoro gratuito di milioni di giovani e adulti in una testimonianza concreta di pace.

Per usare le parole di papa Francesco, in un fatto che parla da solo, un messaggio purtroppo drammaticamente attuale in un mondo in cui soffiano forte i venti di guerra.
Francesco parla nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico in Vaticano. Lo fa in una udienza alla Fraternità e agli amici del Sermig, accompagnati dall’arcivescovo, mons. Roberto Repole e dall’emerito, mons. Cesare Nosiglia.
Una rappresentanza del popolo che ha condiviso gli ideali di Ernesto Olivero, sua moglie Maria e dei loro amici che negli anni ’60 fondarono il primo gruppo con il sogno di “sconfiggere” la fame nel mondo. «Il Sermig – dice il Papa – è una specie di grande albero cresciuto a partire da un piccolo seme. Così sono le realtà del Regno di Dio».
Poco prima è Ernesto Olivero a prendere la parola, emozionato per un incontro inseguito da anni. Fa la sintesi della sua vita da sposato, papà, adesso nonno. Un legame mai interrotto con la moglie Maria, «ora in Cielo». L’aneddoto di una giovane moglie che chiede al marito di scegliere un unico gruppo per impegnarsi per gli altri e conciliare così gli impegni di famiglia. «Il Sermig è nato perché le ho obbedito, – racconta – volevamo aiutare i più poveri e combattere la fame nel mondo».

Poi il ricordo degli incontri con il sindaco di Firenze, Giorgio La Pira, che fece scoprire ai primi giovani del Sermig la profezia di Isaia di un tempo in cui le armi non sarebbero state più costruite e i popoli non si sarebbero più esercitati nell’arte della guerra. Così il dialogo a tu per tu con papa Paolo VI che chiese di far partire da Torino una rivoluzione d’amore.
«Quando scoprimmo i ruderi del vecchio arsenale – ricorda Ernesto – con stupore pensammo che forse era quello il luogo dove far vivere insieme la profezia di Isaia e la rivoluzione d’amore che sperava il Papa».

Il resto è storia: la scelta del sindaco Diego Novelli di affidare un primo pezzo della struttura al gruppo, poi l’arrivo di altri spazi, oggi di oltre 40mila quadrati, il movimento di bene che dal 1983 al 2019 portò alla riconversione delle vecchie rovine nel luogo che tutti oggi possono ammirare, tra il Cottolengo e la Dora. Una scia di bene alimentata da migliaia di volontari insieme alla Fraternità della Speranza, formata da chi ha visto nel Sermig il compimento della propria vocazione: famiglie, singoli, sacerdoti, consacrati e consacrate, giovani, ogni stato di vita. Tutti rappresentati nell’incontro in Vaticano, guidati da Rosanna Tabasso, la prima ragazza che chiese di vivere la sua consacrazione al Sermig, oggi attuale responsabile del gruppo, dopo la scelta di Ernesto Olivero di rassegnare le dimissioni.

Il papa ascolta con semplicità, per affidare poi ai presenti una riflessione intensa: il Sermig visto come frutto buono della stagione del Concilio Vaticano II, una risposta ai segni dei tempi radicata nel Vangelo e nella fede in Dio. «Dai frutti – dice – si vede chiaramente che al Sermig non si è fatto mero attivismo, ma si è lasciato spazio a lui: a lui pregato, a lui adorato, a lui riconosciuto nei piccoli e nei poveri, a lui accolto negli emarginati». Quello che l’Arsenale della Pace ha da dire parte proprio da qui, «è frutto del sogno di Dio», «un sogno che ha mosso braccia e gambe, ha animato i progetti, le azioni e si è concretizzato nella conversione di un arsenale di armi» dove oggi «si fabbricano artigianalmente le armi della pace, che sono l’incontro, il dialogo, l’accoglienza». «E in che modo si fabbricano?», si chiede Francesco. «Attraverso l’esperienza: nell’Arsenale i giovani possono imparare concretamente a incontrare, a dialogare, ad accogliere».

È ciò che l’Arsenale della Pace cerca di fare dall’inizio della sua storia, attraverso quella che Ernesto Olivero chiama la regola dell’imprevisto, incarnata dal campanello e da chi bussa alla porta. In fondo le tragedie del mondo sono entrate così in piazza Borgo Dora, 61. Dagli appelli dei missionari alle spedizioni umanitarie in ogni continente, dal dialogo con il mondo del carcere all’accoglienza degli stranieri, il Sermig non si è mai sottratto.
Da ultimo, di fronte al precipitare degli eventi nella guerra in Ucraina quando l’Arsenale è stato invaso da un fiume di solidarietà e di aiuti che ha permesso di distribuire nelle zone colpite oltre 1.500 tonnellate di cibo e farmaci.
«Questa è la strada, – sottolinea Francesco – perché il mondo cambia nella misura in cui noi cambiamo.
Mentre i signori della guerra costringono tanti giovani a combattere i loro fratelli e sorelle, ci vogliono luoghi in cui si possa sperimentare la fraternità».

Una parola sottolineata più volte. «Il Sermig si chiama “fraternità della speranza” – commenta Francesco – ma si può dire anche l’inverso, cioè “la speranza della fraternità”. Il sogno che anima i cuori degli amici del Sermig è la speranza di un mondo fraterno». Ma tutte queste realtà: «la pace, la speranza, l’incontro, l’armonia, si costruiscono solo con lo Spirito Santo, lo Spirito di Dio. È Lui che crea la pace, la speranza, l’incontro, l’armonia. E i cantieri vanno avanti se chi ci lavora si lascia lavorare dentro dallo Spirito».
Al termine del suo discorso, il Papa ha voluto salutare i presenti
uno a uno: persone di tutte le età, di diversi Paesi e religioni, nella semplicità di uno stile che non fa alcuna differenza. Il Sermig scrive così una nuova pagina della sua storia: parole da custodire che confermano la responsabilità ad avvicinare piccoli e grandi e a fare del dialogo una priorità. Perché impegno civile ed ecclesiale sono le facce della stessa medaglia. Lo raccontano gli incontri avvenuti in passato sia con i presidenti della Repubblica che con altri Papi. Adesso con Francesco. Essere “semplicemente cristiani” e buoni cittadini: il segreto è tutto qui.
 

Matteo Spicuglia
"In udienza da Francesco"
NP febbraio 2023

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