Crederci per esserci

Pubblicato il 08-01-2025

di Rosanna Tabasso

Oggi essere operatori di pace significa credere alla pace prima ancora di vederla e viverla concretamente nelle piccole scelte quotidiane della nostra vita, vincere la resistenza che vuole convincerci che impegnarsi non serve a niente. Significa vincere l’incredulità che ci rende passivi; farlo senza la presunzione che la nostra vita da sola possa cambiare le sorti dell’Ucraina, o che metta d’accordo il Medio Oriente dove si combatte in modo sempre più cruento. Non abbiamo la presunzione, ma non abbiamo neanche quel senso di sfiducia che ci fa dire: «Io non servo a niente». Significa avere la convinzione che la storia passa anche attraverso ognuno di noi e che ognuno di noi può fare la differenza: ogni giorno un ragazzo cerca la sua strada e tu ci puoi essere; ogni giorno puoi fare un gesto, ogni giorno – se lo vuoi – qualcosa di te viene prestato alla pace. Non vedremo la pace finché non si realizzerà pienamente, fino a quel momento non capiremo a cosa serviva la nostra vita, ma crediamo che ogni nostro gesto vale. Tu e i tuoi amici, seguendo il vostro cuore, potete cominciare a percorrere la via della pace con i semplici e piccoli gesti quotidiani. Oggi la beatitudine degli operatori di pace è da vivere così.

Lo scoppio ella guerra in Ucraina è stato traumatico. Mi sono detta: «Tu non eri convinta che la pace è possibile e non ci hai creduto veramente». Dubitavo persino che l’Arsenale e la sua vita potessero essere ancora un segno. Da allora, quando leggo la Bibbia, mi annoto tutte le parole sulla pace, ed è stata proprio la parola di Dio che mi ha restituito il vigore, soprattutto a partire dai profeti dell’Antico Testamento, che non vedevano niente, camminavano in mezzo allo sterminio, non vedevano la pace, ma la proclamavano, tale e quale a noi. Il profeta Geremia (28,17) mi ha dato la chiave del credere senza vedere: «Il profeta che profetizza la pace sarà riconosciuto come profeta mandato dal Signore soltanto quando la sua parola si realizzerà». Anche noi camminiamo in mezzo alla sventura dei popoli, tocchiamo con mano la disperazione della gente eppure dobbiamo dire “pace”, e crederci.


Nei giorni dell’inizio ella guerra in Ucraina mentre eravamo veramente avviliti, non abbiamo fatto tempo a chiuderci nel nostro sconcerto, perché la gente ci ha cercato, ci ha chiesto cosa avremmo fatto per il popolo ucraino, ci ha spinti a credere nel nostro stare dalla parte della pace. Abbiamo deciso che avremmo mandato un tir con aiuti e, con un passaparola quasi inspiegabile, il giorno dopo all'ingresso dell’Arsenale c’era la fila di gente che portava aiuti. La sera stessa ci siamo radunati e ci siamo detti: «Non è normale questo afflusso di gente. Sta succedendo qualcosa». E abbiamo capito: la gente sconcertata come noi cercava qualcuno a cui appoggiarsi per condividere, ma anche per trovare risposte di speranza.  È iniziata così una delle esperienze più incredibili che abbiamo fatto all’Arsenale: migliaia di persone sono venute con pacchi, pacchetti, macchine, camion e noi non avevamo più tempo per respirare.

Da fine febbraio fino a metà luglio, quando poi abbiamo iniziato i campi estivi, la gente arrivava, piangeva, ci lasciava i pacchi, poi vedeva altri che lavoravano e ci diceva: «Possiamo aiutarvi?». Tanta partecipazione ci diceva il bisogno di pace che c’era nel cuore di tutti. Preparare i pacchi per l’Ucraina stava riparando le ferite dei cuori, restituendo un po’ di speranza a persone, giovani, anziani. Pensavamo di spedire un tir, ne abbiamo spediti 127 dall’Arsenale! Tutto l’Arsenale era un magazzino di pacchi, di bancali... Di oltre 2mila volontari abbiamo avuto il contatto e, nei mesi successivi, abbiamo potuto contattarli tutti. Sono venuti a fare la visita dell’Arsenale, a conoscere chi eravamo, e – di questi – più di seicento sono rimasti come volontari una volta finita l’emergenza. È stata un’esperienza che ci ha fatto capire a cosa serve un operatore di pace, che sta al suo posto e resiste anche nei momenti in cui fatica a vedere la prospettiva. Improvvisamente la storia passa da casa tua, e tu puoi fare la differenza. È fondamentale esserci e crederci.


Rosanna Tabasso
NP ottobre 2024

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