Con disciplina e onore

Pubblicato il 17-05-2025

di Renzo Agasso

Breve storia di Ferdinando Enrico Pomarici, valoroso servitore dello Stato, scomparso nel 2024. Uno per il quale le parole disciplina e onore – secondo Costituzione – significano ciò che esprimono.

Lavorava nel palazzo di Giustizia a Milano, testimone di decenni di storia criminale del Paese: terrorismo nostrano e internazionale, delinquenza comune, mafie, sequestri di persona. «Il fratello maggiore che non ho mai avuto. Un pubblico ministero dalla mente libera – lo ha ricordato il collega di una vita Armando Spataro – che non conosceva la politica dei passi felpati e che per questo ha pagato, nonostante quello che ha dato alla storia di questo Paese».

Pomarici ha contribuito a sconfiggere l’odioso crimine dei sequestri di persona degli anni ’70. «Era stato il magistrato – spiega Spataro – che, sin dal 1976, con una scelta molto sofferta e criticata, aveva ideato il cosiddetto blocco dei beni: grazie ai suoi provvedimenti giudiziari, i beni di famiglia dei rapiti venivano congelati per impedire il pagamento del riscatto e così rendere il sequestro non remunerativo». Critiche asperrime non lo fermano: sarà quella la via giusta per cancellare l’orrore dei rapimenti.

Cresciuto alla scuola di Guido Galli – grande magistrato ucciso nel 1980 all’Università Statale dai terroristi rossi di Prima Linea – Pomarici passa in trincea gli anni di piombo: «A Milano – ricorderà – si viveva male. C’erano attentati frequenti, il sabato la città era invivibile per le manifestazioni, gli scontri, gli incidenti. Tutto questo si riverberava pesantemente sulla vita e sull’umore delle persone». Giorni di sangue e di vergogna, in compagnia della paura. In quella temperie Ferdinando Pomarici e tanti suoi colleghi servono lo Stato, che alcuni vorrebbero abbattere, con disciplina e onore. Il terrorismo verrà sconfitto a carissimo prezzo. E quando si tenterà di cancellarne la scomoda memoria, con il classico colpo di spugna all’italiana, il “fuori tutti”, affermerà: «Io non vedo perché ci debbano essere provvedimenti generalizzati nei confronti di coloro che hanno ucciso. Per me non ha nessun senso, assolutamente. Chi ha ucciso ha ucciso. Non doveva uccidere».

A ciascuno il suo. Consapevole che «purtroppo noi siamo molto limitatamente capaci di scoprire la verità, dal furto del motorino alla strage. Le nostre capacità sono quelle umane date dai mezzi e dalla comprensione e conoscenza dei fatti»


Renzo Agasso
NP Febbraio '25

 

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