Cinquantasette

Pubblicato il 25-11-2022

di Renzo Agasso

Cinquantasette giorni. Tanto è vissuto Paolo Borsellino senza Giovanni Falcone. Nemmeno due mesi, dopo il massacro di Capaci, 23 maggio 1992. Il 19 luglio è toccato a lui. Via D’Amelio, bomba, colonne di fumo nero, corpi smembrati, palazzi sventrati, sangue e altro sangue, su una Palermo ancora tramortita, su un’Italia distratta dai riti dell’estate.

Cinquantasette giorni. Cinquantasette notti. Chissà come li ha vissuti, Paolo Borsellino. Paura. Angoscia. Solitudine. Sofferenza. Tristezza. Delusione. Preghiera. Disperazione. Sentimento di sconfitta. Interrogativi angosciosi. Ne vale la pena? Tormenti. Fuggire? Restare? Tacere? Urlare?

Come passa quelle ore interminabili, eppure contate, il magistrato che ha abbattuto un bel pezzo di storia della mafia in Sicilia? Ricordi. Rimpianti. Orgoglio. Resa. Vendetta. Progetti. Agnese e i ragazzi. Manfredi, Lucia, Fiammetta. Vedova. Orfani. Assenza. Vuoto. Senso del dovere. Senso di inutilità. La mafia ammazza, sempre. La politica? Lontana. Indifferente. Impaurita. Malata.

Cinquantasette notti. Tra sonno e veglia. Lacrime e preghiere. Buio. Oscurità. Come si fa a dormire, sapendo di avere poco tempo? Mesi? Giorni? Tocca a Paolo Borsellino, ora. La lista di Cosa Nostra. Da qualche parte, in quella Palermo di sempre, i macellai si preparano. Tic tac. Il conto alla rovescia è partito. Tritolo per Paolo Borsellino. È il suo turno. Non ci si deve permettere di mandare in galera la mafia e poterlo raccontare.

Perché nessuno fa nulla? Perché nessuno salverà Paolo Borsellino? Allontanarlo, nasconderlo, difenderlo. Un servitore fedele dello Stato, non può essere lasciato in mano ai carnefici. Solo, con la sua scorta, ragazzi mandati al macello con lui.

Fuggi, Paolo, fuggi. Non restare a Palermo. Salva la tua vita e la nostra tranquillità estiva. Giovanni non c’è più, e non ritornerà. Il tempo passa, corre, vola via. Tic tac, tic tac.

No, Borsellino lavora e lavora, anche in nome di Giovanni. Borsellino è un magistrato, il più bravo, il più onesto, il più serio, è l’erede di Giovanni. Borsellino è un cristiano, sa che Gesù Cristo non è fuggito dalla croce. Sa che c’è una morte, sa che c’è una risurrezione. Ma quanto dolore acerbo nelle ore della via crucis. Quanto poco tempo. Tic tac, tic tac.

Cinquantasette giorni, lentissimi, rapidissimi. Il tempo di Paolo è scaduto. Il tempo di Paolo è finito. Adesso viene la notte. Nero il cielo di Palermo. Giovanni e Paolo, insieme, di nuovo.


Renzo Agasso
NP agosto / settembre 2022

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