Chissene... frega

Pubblicato il 30-01-2013

di Flaminia Morandi

Jaime De la pena, Indifferenza urbanaChissenefrega è un’espressione che nessun cristiano dovrebbe mai pronunciare, neppure nelle cose più piccole e apparentemente insignificanti della vita quotidiana. Non c’è niente al mondo che non lo riguardi, che non lo interpelli, che non gli chieda in qualche modo, come sa, come può, la sua cura, la sua preoccupazione.

I cristiani, si dice, sono nel mondo ma non del mondo. Nella lettera a Diogneto, documento straordinario del II secolo, è descritto lo stile della responsabilità cristiana: i cristiani dimorano sulla terra come cittadini del cielo, adempiono a tutti i doveri dei cittadini ma portano con distacco i pesi della vita sociale, si conformano agli usi locali ma con il loro stile di vita rendono evidente il meraviglioso paradosso della loro società spirituale. Di tutto si curano, perché il creato è stato affidato all’uomo da Dio.

L’affidamento comincia dalla creazione. Nel secondo libro della Genesi Dio crea il mondo e poi chiede ad Adamo di dare il nome alle creature. Gli chiede insomma di creare una rete di segni, di relazioni intelligenti in ciò che lui ha creato, cioè di inventarsi una cultura. Gli dice di dominare il mondo, cioè di trasformarlo con lo spirito che ha messo dentro lui. Dio è artista e spinge anche Adamo ad esserlo, Dio ha creato cose belle e chiede ad Adamo di creare bellezza; anzi gli dà il compito di superarlo. Grano, spighe e paneUn detto rabbinico dice: Le opere degli uomini sono più belle delle opere di Dio. Una volta in una discussione Rabbi Aqiva mette davanti al governatore romano Tinneio Rufo un mazzo di spighe e una forma di pane: Questa è l’opera di Dio e questa è l’opera degli uomini, gli dice. Poi gli mostra un fascio di steli di lino e un bel tessuto e lo provoca: L’opera degli uomini non è forse più bella dell’opera di Dio?

È un paradosso, come se ne trovano nella letteratura rabbinica; ma per dire che c’è una collaborazione costante fra la creatività di Dio e la creatività degli uomini. La creatività, cioè lo spirito di Dio, nell’uomo è il brand divino, il sigillo che lo rende potenzialmente artista come lui. La creatività comprende la libertà: come Dio ha creato il mondo liberamente, così anche l’uomo organizza liberamente la sua vita. Con il peccato, dice Gregorio di Nissa, (vedi icona) l’uomo ha perduto la libertà di essere con Dio, ma ha portato con sé sulla terra dal paradiso terrestre un residuo di libertà: quella di scegliere fra bene e male. Se sceglie il bene, riapre l’accesso a Dio e accresce la propria libertà; se sceglie il male, richiude la porta e restringe la propria libertà. Una bella responsabilità! Basterebbe la frase famosa di sant’Ireneo di Lione ad attestare la responsabilità cristiana: Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventasse Dio.

Niccolò De Min, Il dono più belloUn cristiano dunque con la sua vita cerca continuamente di correggere la rotta: se il mondo va verso il male, con le sue scelte personali e quotidiane il cristiano si assume ogni giorno la responsabilità di spostare il timone verso il bene. Ma è una fatica che compie aggrappato alla preghiera e nella fede che il suo amore attivo incontrerà l’amore di Dio: la grazia.
Sant’Ignazio sintetizzava il senso dell’equilibrio fra sforzo umano e grazia divina in una frase: fai tutto come se dipendesse da te nella consapevolezza che tutto dipende da Dio.
L’invocazione aramaica Maranà tha significa Signore nostro, vieni. Ma dividendo le sillabe in altro modo può diventare Maran atha, che significa Il nostro Signore è venuto. Vivere da credenti significa essere consapevoli di entrambe le traduzioni: attendere con fede la grazia senza stancarsi di creare con responsabilità.

Flaminia Morandi
NP gennaio 2005

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