CASA-EUROPA: restyling energetico

Pubblicato il 04-06-2023

di Carlo Degiacomi

La Commissione Europea ha approvato lo scorso 9 febbraio la direttiva per la performance degli edifici con il voto contrario di tutti i partiti al governo in Italia. Si chiede che gli edifici residenziali raggiungano la classe E entro il 2030 e D entro il 2033, gli edifici pubblici e non residenziali le stesse classi entro il 2027 e 2030. Sono esonerati gli edifici di particolare pregio, le seconde case utilizzate per meno di 4 mesi all’anno, immobili di edilizia sociale i cui adeguamenti comporterebbero l’aumento dei canoni di affitto. Sono previste deroghe del 22% degli immobili non oltre il gennaio 2037, soprattutto per motivi specifici legati ai singoli Paesi, come l’impossibilità tecnica a realizzare tutti i lavori necessari.

In Europa gli edifici utilizzano il 40% dell’energia e producono il 36% delle emissioni di gas serra. L’85% di questi edifici saranno utilizzati ancora nel 2050. Il loro efficientamento entra così a far parte a tutti gli effetti della strategia della transizione energetica europea con gli appuntamenti 2030 e 2050. Gli obiettivi del 2030 sono: -60% delle emissioni; -14% dei consumi di energia finale; -18% dei consumi per riscaldamento e raffrescamento, raddoppiare il tasso di ristrutturazione edilizia.
Qual è la situazione reale del patrimonio edilizio italiano? Si tratta di edifici vecchi, costruiti in gran parte prima del 1972. Il settore residenziale rappresenta l’85%, con oltre 12 milioni gli edifici, il settore non residenziale il 15%.
Almeno 8 milioni (di cui 2.150.000 ante 1918) sono stati costruiti prima del 1973 (primo anno in cui in Italia sono state emesse le prime norme di costruzione per ridurre i consumi). Dal 1971 al 2000 quasi 5 milioni. Dal 2001 al al 2020 circa 1.300.000. Per quanto riguarda le classi energetiche, gli immobili sono così distribuiti: G il 34,3%; F il 25,4%; E il 16,3%. In quelle medie: D il 9,8%; C il 4,4%. In quelle più performanti: B il 2,4%; A1 l’1,8%; A2 l’1,5%; A3 l’1,2%; A4 il 2,8%. Secondo Enea sono quasi 9 milioni (76%) gli edifici su cui bisogna intervenire (per arrivare alla classe D la proposta è entro il 2033). Il passaggio di un edificio a una classe superiore si ottiene mediamente attraverso un calo dei consumi del 25% come interventi di vario tipo come: coibentazione; cambio centrale termica con pompa calore; sostituzione degli infissi; installazione del fotovoltaico. Ci sono però interventi “minori” ma estremamente utili: anche solo l’uso dei termostati intelligenti per il riscaldamento riduce il consumo del 10/15%.

Per gli edifici non resistenziali esistenti si punta a ridurre di almeno il 15%, il consumo di energia primaria entro il 2030, il 25% entro il 2033. Per gli edifici nuovi si aumentano le richieste in tema di energia e dal 2026 al 2030 si intende chiedere l’obbligo delle loro certificazioni classe A e con impianti solari.

Che succederà in Italia per l’adeguamento energetico delle abitazioni? In molti, pochi informati, hanno attaccato l’obiettivo europeo. Piuttosto sarebbe utile suggerire soluzioni rispettose di tutte le fatiche di investimento, delle condizioni economiche delle famiglie, specie delle fasce più deboli, capaci di sostenere gli interventi sui condomini di edilizia popolare, e di tenere conto delle particolarità dei centri storici. Ricordiamoci che stiamo parlando di un settore economico che può generare occupazione, su cui dirottare investimenti e incentivi. Ci sono tante strategie da seguire, oltre al famoso superbonus 110 a cui abbiamo assistito negli ultimi anni: solo per il 110, lo Stato ha speso 68,7 miliardi con tanto di speculazioni, distorsioni e incremento prezzi spesso ingiustificati.
Le decisioni europee vanno come sempre adattate alla situazione specifica dei singoli Paesi.

L’Europa da anni indica e cerca di allineare i Paesi e le scelte su temi determinanti per il futuro come la tutela dell’ambiente, il clima, l’energia. Ci vuole però un’opinione pubblica più consapevole non solo in Italia. In particolare, nel nostro Paese, bisognerebbe creare occasioni di confronto serio sul merito delle questioni: sono infatti in gioco significativi cambiamenti di mentalità e di comportamento nel medio e lungo periodo. Non è più tempo di discussioni sterili e superficiali! Mi chiedo infatti: la scena politica e mediatica sta veramente aiutando l’opinione pubblica a diventare consapevole parlando della chiusura del mercato di acquisto dei crediti e della cancellazione (sostanziale) del superbonus, invece di proporre modifiche e migliorie in vista del prossimo futuro del 75% del nostro patrimonio immobiliare?


Carlo Degiacomi
NP marzo 2023

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