Calore di un abbraccio, addio!

Pubblicato il 05-01-2019

di Michelangelo Dotta

di Michelangelo Dotta - I giovani e i giovani adulti di oggigiorno, quella fascia che va dai 15 ai 30 anni, che difficilmente segue un tg e mai guarda la televisione ma si nutre quotidianamente di web, telefonini e social, sta lentamente abbandonando la capacità di interagire fisicamente con le persone e in molti casi anche con l’ambiente famigliare e sociale che li circonda. È quasi come se vivessero nel costante incontrollabile terrore di esporsi e fare brutta figura, o semplicemente risultare scontati o noiosi, e spesso si nascondono dietro Instagram per paura di sbagliare o essere giudicati.

In quell’aura virtuale si rispecchia una vetrina di immagini ideali, ritratti patinati, corpi sinuosi con luci e colori ad arte ritoccati, frammenti di vita creati per durare poche ore ed essere resettati, pronti ad una nuova interpretazione di un mondo studiato e perfetto che nella realtà ha davvero poche corrispondenze. Eppure nella storia quotidiana, spesso complicata, a volte inaspettata della nostra vita reale, le imperfezioni, il dolore e le difficoltà sono all’ordine del giorno, ci aiutano a crescere, a confrontarci con gli altri, ci obbligano a interagire con le persone, a sentirle attraverso la fisicità della parola, non attraverso le immagini- simulacro.

Le fotografie dovrebbero servire a immortalare un bel momento vissuto, che valeva la pena di ricordare ma di sicuro non a vivere il presente. Eppure proprio attraverso il proprio profilo fotografico messo in rete, le ultime generazioni sembrano aver scelto di vivere, rifiutando sempre più spesso il contatto fisico con gli altri individui, il calore di un abbraccio, la tensione di uno sguardo. Contare i “like” ad un proprio post sembra fornire maggiore soddisfazione e godimento di un tenero abbraccio carico di emozione, una faccina sorridente che si somma ad una sequenza di pollici all’insù risulta più esplicita e meno impegnativa di una camminata mano nella mano sulla spiaggia al tramonto.

Ma il vento pare mutare direzione, tra la generazione nata a cavallo del millennio, i primo veri “nativi digitali” della storia, cresciuti attraverso tappe precise: Facebook 2004, Twitter 2006, Instagram 2010 e Snapchat 2011 è nata e prende sempre più piede una nuova moda: usare meglio il proprio tempo. Al nuovo imperativo «adesso smetto» hanno risposto in massa, essere costantemente alla ricerca di una continua approvazione degli altri, la corsa alla felicità fotografata ostentata oltre al fastidio di essere sempre raggiungibile (e controllato) sembra aver perso il suo fascino iniziale. Chi non è online diventa cool e chi ha il coraggio di smettere e cancellarsi dalle piattaforme social, inizia ad assaporare il senso di una sconosciuta prospettiva dell’esistenza tridimensionale alla luce del sole.

Ma l’assuefazione da social pare inarrestabile; secondo studi recenti se da un lato cala l’interesse dei giovani, cresce a dismisura quello degli over 45, degli adulti che si dichiarano entusiasti di questo nuovo mondo conosciuto attraverso i propri figli… ed è veramente difficile stabilire dove la tecnologia operi maggiori danni.

Michelangelo Dotta
MONITOR
Rubrica di NUOVO PROGETTO

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