Birra in carcere
Pubblicato il 20-05-2025
Il mercato della birra è in continua crescita. Dai 560 miliardi di dollari del 2021 gli esperti ipotizzano che si arriverà agli oltre 750 miliardi del 2027 (+34%), con una crescita annuale del +5,44%. In parallelo crescono anche i volumi che toccheranno i 189,30 miliardi di litri entro il 2027.
Per quanto riguarda i produttori, svetta la Cina, dove viene generata la maggior parte delle entrate, pari a 125,60 miliardi di dollari nel 2023. In Italia, una produzione di nicchia ma di alto valore sociale è quella realizzata all’interno delle mura carcerarie. L’ultima in arrivo porta il marchio Fuga di sapori della cooperativa “Idee in fuga”, che nel carcere di Alessandria cura il Luppoleto galeotto. La nuova birra, priva di glutine, si aggiunge alle Pentita, Rubentina e Sbirra, ognuna con peculiarità che ne hanno ispirato i nomi e determinato il successo.
L’ultima creazione oltre a essere più inclusiva, in quanto potrà essere consumata anche da persone affette da celiachia o da altre intolleranze, è anche al centro del progetto B4 HOPES, promosso dell’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo che comprende un sondaggio per indagare l’interesse dei consumatori verso le birre sociali. “Idee in fuga” (che occupa detenuti anche nell’orto e nella pasticceria interni al carcere e nel bistrot aperto sulla cinta muraria) è tra le realtà di economia carceraria che hanno commercializzato le birre artigianali.
Tra i pionieri, il marchio Pausa Caffè che più di dieci anni fa avviò nel carcere di Saluzzo una produzione ispirata agli stili tradizionali (Pils, Ale, Weiss, Saison) con una particolare attenzione alle metodologie produttive. Prison Bee è invece il marchio brassicolo de “La Valle di Ezechiele”, cooperativa sociale nata nel 2019 da un’idea del cappellano del carcere di Busto Arsizio, don David Maria Riboldi, per offrire opportunità di lavoro a persone che stanno finendo di scontare la pena. In omaggio alla tradizione italiana si colloca Malnatt (malnato in dialetto milanese). Non filtrata, non pastorizzata e rifermentata in bottiglia o in fusto, è realizzata con il luppolo de “La Morosina” di Abbiategrasso, l’azienda agricola nata a fine anni ’80 nel cuore del Parco naturale del Ticino. Alla sua produzione contribuiscono detenuti degli istituti di Opera, Bollate e San Vittore. Un birrificio sociale storico c’è anche a Bologna, il “Vecchia Orsa”, mentre in Puglia, dalla cooperativa Campo dei miracoli, nota nel mondo dell’economia carceraria per i taralli, arriva la birra SBAM! nelle tre versioniil diritto alla riparazione dei RAEE. Il discorso per i prodotti tessili è molto serio: solo l’1% dei rifiuti tessili del mondo è riciclato correttamente; in Italia lo 0,8%: 2,7 Kg/ab. I problemi della filiera plastiche (al plurale) mostra le maggiori difficoltà in tema di riciclo. Il problema dell’inquinamento da plastiche e microplastiche è un tema di emergenza mondiale, senza voler fare nessuna crociata contro di loro. La conferenza in Corea del Sud all’inizio di dicembre 2024 è stata purtroppo inutile: 178 Paesi dovevano trovare accordi per trovare soluzioni ai 20 milioni annui di t di rifiuti di plastica dispersi in natura ogni anno. Nel mirino soprattutto gli usa e getta. Alla fine solo novanta Stati hanno adottato misure per la messa fuori legge della plastica monouso, totale o parziale. Alcuni Paesi stanno operando per eliminare le microplastiche dalla cosmesi (nel 2030) e dall’industria tessile (che costituiscono circa il 15/30% di quanto finisce annualmente nei mari e oceani). La Francia ha imposto che le lavatrici installino dal 2025 un filtro per le microplastiche, in grado di ridurle del 75%. E poi ci sono alcuni giornalisti italiani che continuano a scrivere che gli ambientalisti sulle plastiche esagerano...
NP Febbraio 2025
Chiara Genisio