«Anche io!»

Pubblicato il 12-11-2022

di Matteo Spicuglia

C‘era una volta un Paese in cui tutti si sentivano o sembravano perfetti.
Tutti attaccati ai loro ruoli, alle loro competenze, all'immagine che davano all'esterno.
In quel Paese vivevano grandi politici con una soluzione per tutto, industriali di lungo corso concentrati sui numeri della produzione, uomini e donne di cultura e i loro massimi sistemi sul senso della vita. Poi, il mondo delle professioni, circoli un po' chiusi e autoreferenziali. E ancora, padri e madri di famiglia incasellati in scelte apparentemente granitiche, educatori contenti di dispensare consigli, figure di ogni tipo impegnate a dare il meglio nella società. In quel Paese viveva anche un giovane che più cresceva e si guardava attorno e più si sentiva inadeguato. Sperimentava il limite di sé e non lo capiva. Si percepiva mutevole, contraddittorio, fatto di chiaroscuri.
Aveva grandi sogni e sentiva di non avere strumenti per realizzarli. Soprattutto, era come schiacciato da quel senso di perfezione che si respirava ovunque.

Quando provava a confidare il mondo che gli passava dentro incontrava solo adulti con risposte preconfezionate, imperturbabili, distanti dalla sua realtà. Un giorno, in un momento di difficoltà, ne parlò con un coetaneo, un amico che aveva vissuto la stessa esperienza, che condivideva la stessa sensibilità. «Forse ho la persona che può fare al caso tuo.
È un po’ scomoda perché non usa giri di parole, anzi è un uomo di pochissime parole. Ma sa andare diritto al cuore. Ti aiuterà».
Il giovane si mise in cammino alla ricerca di quell’adulto. Non aveva un indirizzo. Sapeva solo che proprio per la sua atipicità era stato messo ai margini della vita del Paese. Viveva in una baita ai piedi di una montagna, lontano dall’abitato. Vita semplice, essenziale, fatta di silenzio e di pochi incontri. Da lui arrivavano solo le persone disposte a mettersi davvero in gioco. Molti pensavano di incontrare le risposte della vita, indicazioni precise sulle scelte da prendere, di scoprire chissà quale arcano. Non era così. Anche quel giovane lo capì presto.
Chiedendo in giro, riuscì a mettere insieme i pezzi e a trovare la casa. Bussò e fu accolto dall’uomo saggio. Ebbe una sensazione strana, come se lo avesse conosciuto da sempre. Si sentì subito a suo agio. «Benvenuto ragazzo, anche tu qui? Perché mi hai cercato? Dimmi tutto. Sono qui per ascoltarti».
Il giovane aprì il cuore e senza sapere il perché fu come un fiume in piena.

Tirò fuori tutto il buono e il bello della sua vita, gli slanci dei suoi anni, i sogni, le speranze. Ma non si fermò lì. Per la prima volta, ebbe il coraggio di raccontare anche il buio che viveva, le sue fatiche, le sue contraddizioni, le sue angosce, il freddo di chi fa esperienza dei propri limiti. Parlò per molto tempo. Alla fine ci fu come un silenzio, rotto da un’unica frase dell’uomo saggio: «Ragazzo mio, quello che vivi, l’ho vissuto e lo vivo anche io. Capito? Anche io. Ma è possibile camminare, non sentirsi soli». Quell’«Anche io!» ebbe un effetto dirompente nel cuore del giovane.
Per la prima volta, aveva incontrato un adulto capace di mostrare non le sue certezze, ma la sua fragilità. Si commosse e fu come disorientato, ma in un istante capì che la strada da seguire nella vita era quella: condividere, non avere paura, camminare con altri, dare un nome a ogni sfumatura di umanità, anche a quelle meno nobili.
Il giovane abbracciò l’uomo saggio, lo salutò e lo ringraziò. Poi tornò a casa con la promessa di fare altrettanto, di moltiplicare l’effetto di bene di un semplice «anche io!»: la chiave di ogni vicinanza.


Matteo Spicuglia
NP agosto / settembre 2022

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