Addio Italia

Pubblicato il 10-01-2025

di Stefano Caredda

Anche se globalizzato, il mondo non è diventato un unico grande paese e vivere la propria esistenza in un continente non è in linea generale analogo a viverla in un altro. Eppure, ci sono tanti Stati (soprattutto europei) che sono percepiti come molto attrattivi dai giovani italiani, che vi si trasferiscono in gran numero. È un fenomeno che va oltre la semplice e un po’ banale retorica della “fuga dei cervelli” e che non va affatto sottovalutato.

I dati (tratti dal rapporto di Fondazione Nord Est) dicono che dal 2011 in poi ci sono stati oltre mezzo milione di giovani (550mila di età compresa fra i 18 e i 34 anni) che hanno lasciato l’Italia per trasferirsi all’estero. Al netto di chi poi, dopo un po’ di tempo, è rientrato, il numero delle ragazze e dei ragazzi che hanno scelto di andarsene tocca quota 377mila. Il nostro è il Paese meno attrattivo d’Europa: per ogni ragazzo che dagli altri Paesi sceglie l’Italia, ci sono otto italiani che fanno le valigie e non tornano indietro. Metà dei partenti è laureata, un terzo è diplomata: sono quelli che in Italia hanno avuto condizioni di vita favorevo-li e sono poi partiti per scelta. Fra loro la disoccupazione oggi è praticamente nulla (1%) e la gran parte (quasi il 75%) svolge attività intellettuali o impiegatizie. Gli altri invece non hanno affatto avuto vita facile, spesso in Italia non hanno neppure ottenuto il diploma superiore, e quando hanno preso il volo l’hanno fatto per qualcosa di più simile alla necessità: il 7% di loro è senza impiego, ma fra chi lo ha la maggioranza (58%) ha trovato lavoro come tecnico, operaio specializzato, o in professioni qualificate nei servizi. Figure per le quali in Italia le imprese, peraltro, denunciano da tempo una particolare carenza.

Chi parte lo fa soprattutto dalle regioni del Nord Italia, e i risultati, in definitiva, sembrano dar loro ragione: la visione del futuro che si portano dentro è infatti nettamente più positiva di quella di chi rimane in Italia. È soddisfatto del proprio livello di vita il 56% degli espatriati contro il 22% di chi vive in Italia; si aspetta un domani "felice" il 69% contro il 45% di chi è rimasto; ritiene il futuro "ricco di opportunità" il 67% rispetto al 34%; lo vede "migliore" il 64% contro il 40%. Fra chi è rimasto prevale invece una visione negativa: il 45% teme un futuro "incerto", il 34% lo vede "pauroso", il 21% lo ritiene "povero", e il 17% lo immagina "senza lavoro".

Benessere percepito, visione del futuro e condizione professionale spiegano perché il 33% degli espatriati ha intenzione di rimanere all’estero (il 16% sa che ritornerà in Italia, prevalentemente per ragioni familiari, e il 51% andrà dove si presenteranno le migliori opportunità). Chi decide di restare all’estero dice di farlo per la mancanza in Italia di analoghe opportunità di lavoro, ma conta anche l’opinione che qui non ci sia spazio per i giovani, che l’ambiente non sia culturalmente aperto e internazionale, che la qualità di vita sia migliore altrove. Che sia vero o no, un addio motivato in questi


Stefano Caredda
NP Novembre '24

 

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