A servizio della vita

Pubblicato il 02-02-2021

di Stefano Caredda

«Vi interessa solo che nascano, poi una vol­ta venuti al mondo ve ne disinteressate». Nel cinico mondo di quanti hanno l’abi­tudine di fare le pulci al volontariato e all’associazionismo, questa è una del­le “perle” più gettonate. Viene rivolta solo ed esclusivamente a quelle realtà catalogate universalmente come “pro life”, “per la vita”, anche se i detrattori preferiscono termini come “anti-abor­tisti” (con accezione negativa, s’inten­de), frequentemente accompagnati da riferimenti all’integralismo e al fana­tismo, di norma “cattolico”. Ebbene, appunto, uno dei luoghi comuni più agitati contro quanti si impegnano nell’aiuto alla maternità, offrendo un sostegno alle donne che vivono una gravidanza inattesa o difficile e sono tentate dal ricorrere all’aborto, è pro­prio quello di dipingerli come inte­ressati esclusivamente ad affermare la “sacralità della vita”: una ideologica presa di posizione che non si accom­pagna ad alcuna reale vicinanza per le donne e che per questo è destinata a sfociare nel disinteresse ove si giunga al momento della nascita. I pregiudizi sono duri a morire, anche quando è evidente il carattere strumentale di certe critiche. Vale per questo la pena di dare un’occhiata al tipo di attività compiuta da quei movimenti, Centri di aiuto alla vita e case di accoglienza che in Italia sono parte della rete del Movimento per la vita italiano (per contattarli in caso di bisogno, numero verde SOS Vita 800.813.000 o chat on line su www.sosvita.it). Sono passati 45 anni dalla nascita del primo Cav (Cen­tro di aiuto alla vita) e in questo tempo sono state 300mila le donne che hanno ricevuto un sostegno. 30mila fra que­ste lo hanno avuto nel corso del 2019, ultimo anno censito.

Ebbene, la metà di queste erano don­ne in stato di gravidanza, l’altra metà donne con bambini. Numeri che evi­denziano come quella critica non cor­risponda al vero e come anzi, tutt’al­tro, il supporto sia continuo e anche efficace, e non si ferma certo al primo vagito.

I Centri cercano in tutti i modi possi­bili di aiutare le neo-mamme: non solo con aiuto psicologico e materiale (a partire dalla distribuzione di prodotti per la prima infanzia, notoriamente costosi) ma anche, dove necessario, con offerta di ospitalità e alloggio, e qualcuno perfino con un supporto nella ricerca di lavoro. Compito che, fino a prova contraria, non compete­rebbe certo a dei semplici volontari. Ogni mamma accolta da un Cav lo può testimoniare, e nessuna, pur fra le difficoltà, si è mai pentita della scelta di aver messo al mondo il proprio figlio. La realtà, molto semplice, è che fin dal primo incontro, in quelle prime setti­mane di gestazione, ad essere benvo­luti (cioè voluti bene, amati) sono stati entrambi, sia la mamma sia il bambino che viveva in lei. E la chiave di vol­ta che in quei frangenti spinge tante donne a rassicurarsi e a proseguire la gravidanza sta proprio in questa alle­anza: si vince stando tutti insieme dal­la stessa parte, non mettendosi contro qualcuno.

 

Stefano Caredda
NP dicembre 2020

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