Una strada nel bosco

Pubblicato il 11-09-2021

di Gian Mario Ricciardi

C'è una strada nel bosco. È stretta, buia, lastricata da oltre centomila vol- ti spazzati via, come un fulmine nel buio, dall'implacabile pandemia: una strage soprattutto di anziani, una generazione cancellata di amici con tanti sogni, volati via nelle notti e nei giorni di un'altra primavera maledetta. La strada, qua e là, si illumina di qualche raggio di sole che prova a ridarle i colori di prima. Sono lampi di luce, ora dopo un anno, quasi timidi, storditi, stralunati anzi flebili. Hanno tutti lo stesso comune denominatore: il tentativo di ritrovare umanità.

Come quella dei giovani che a Parma leggono in videochiamata brevi racconti agli anziani obbligati ad un isolamento senza fine nelle case di riposo; o quella dei gruppi di ragazzi che a Milano come a Torino vanno a fare la spesa a chi non può farla; o quella di chi regala il sale degli abbracci alle Rsa. È la nostra gente che ha capito il valore del dono e del grazie come le nostre bisnonne che sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale o nella miseria diffusa subito dopo, portavano un chilo di farina o di zucchero a chi non ce l'aveva dentro quella carta ruvida, azzurrina, che molti di noi ricordano ancora.

Nella strada nel bosco, forse, la rinascita, in silenzio è già cominciata: è negli sguardi di chi, sfidando la pandemia, vuole in qualche modo ricordare le troppe vite strappate; nei caffè e i pranzi "sospesi" come nella Napoli della miseria.

Sì, c'è un percorso per tentare di uscire dalla ormai insopportabile coltre di nebbia che da troppo tempo copre non solo la pianura padana, ma tutta l'Italia.

Sono piccoli gesti di calore umano che ciascuno di noi, se solo si sforza di alzare lo sguardo, può cogliere attorno a sé.
La lotta per la vita ci ha resi molto egoisti alla faccia di chi ha detto che di noi avremmo dato solo il meglio. L'abbiamo dato il meglio, ma anche il resto: mors tua vita mea. Viviamo mesi che hanno fatto venire a galla anche il peggio di noi, abbiamo visto ascensori disinfettati ma evitati per la giusta paura del contagio, treni e aerei deserti, chiese semivuote, porte chiuse ed una valanga di sospetti, di paure, di timori che ci stanno avvelenando le giornate.

Forse è giusto così perché è l'istinto di sopravvivenza. Ma, ora che vediamo la luce in fondo alla strada, forse, qualcosa può cambiare. Certo è stato banale tappezzare le strade degli striscioni «Andrà tutto bene» perché, in verità, è andata male, molto male. Oggi i ricchi sono sempre più ricchi, i poveri più poveri, noi sempre di più soli. Questo gigantesco "passo indietro" nelle nostre storie personali e nel mondo, però, questo tuffo pazzesco nella macchina del tempo (e senza paracadute) non ha portato solo morte, lacrime, carri funebri, ma ha fatto anche riaffiorare valori cancellati dall'eccessivo consumismo, dalla vita frenetica, dalla fretta, dalla corsa infinita. Sia chiaro: tutti avremmo voluto evitare questo terremoto di sentimenti. Non abbiamo potuto farlo.

Ora però tramortiti dalla sberla, nell'enorme confusione dell'emergenza che sta rimescolando il mondo, gli asset geopolitici e le nostre vite, si ricominciano a vedere i contorni di quella strada nel bosco. Con calma nuova la percorreremo tutta per ritrovarci, allora sì, migliori di una volta.

 

Gian Mario Ricciardi

NP maggio 2021

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