Turchia in trasformazione

Pubblicato il 15-11-2022

di Claudio Monge

Si è da poco celebrato il secondo anniversario della ripresa della preghiera liturgica musulmana, nella storica “Basilica Museo” di Santa Sofia, considerata unanimemente come patrimonio mondiale dell’umanità. In un recente articolo di Ahmet Erdi Öztürk, assistant professor di politica e relazioni internazionali alla London Metropolitan University (apparso in italiano sulle pagine web della Fondazione Oasis), il “caso Santa Sofia” funge da pretesto per un’analisi delle trasformazioni turche attraverso la lente di ingrandimento della religione.

L’idea centrale di questo contributo, è che in Turchia, si starebbe assistendo a un progressivo scollamento tra identità dello Stato e identità della società: mentre la religione è sempre più strumentalizzata a fini politici, le giovani generazioni, in primis, prendono sempre più le distanze dall’islam. In effetti, si sta probabilmente vivendo solo l’ultima tappa dell’antica dialettica tra continuità e rottura propria del rapporto tra religione, politica e società, instauratasi fin dall’apogeo dell’Impero ottomano (con l’introduzione di una legge civile accanto a quella islamica) e continuata in epoca repubblicana, contribuendo alla costruzione dell’identità nazionale turca. Le riforme kemaliste, all’origine della Repubblica turca, appaiono come il compimento di un lungo processo di addomesticamento dell’islam da parte del potere, prima ottomano e poi turco, processo che si radicalizza al punto da porre fine anche alla legittimazione religiosa della politica, quando l’islam fu abolito come religione di Stato nel 1928. Atatürk impone una riscrittura della storia per porre al centro l’idea “dell’etnicità turca”. Quando, nel 1937, il principio della laicità viene sancito nella Costituzione, si comprende subito che non lo si può intendere alla francese! In Turchia, la laicità non significa la reciproca autonomia del campo religioso e di quello politico, e tanto meno la neutralità dello Stato nel campo della coscienza e delle pratiche religiose. Al contrario, il secolarismo turco mira non a separare lo Stato dalla religione di gran parte della popolazione, ma a stabilire il controllo statale su un islam nazionale. Il discorso sulla laicità si distacca da ogni preoccupazione di garantire la pluralità delle convinzioni religiose e diventa strumento di potere ed è, con il nazionalismo, parte della doxa repubblicana. Il programma è chiaro: legittimare la Nazione come musulmana, quindi turca, per integrare quindi l’islam come condizione di appartenenza alla “turcità”, per giustificare la gestione diretta del campo religioso da parte dello Stato, sopprimendo ogni autorità interna specifica alla sfera religiosa. Ecco la creazione del Diyanet, o ministero degli affari religiosi, oggi all’apice della sua potenza, se è vero che, nel 2021, il suo budget è stato superiore a quello di 7 ministeri. In larga misura, l’islam turco così definito è stato strumentalizzato a beneficio del progetto kemalista di creare uno statonazione territorializzato e unificato, allo stesso modo della storia o della lingua.

L’islam, d’altro canto, è diventato un apparato ideologico dello Stato, ed è esattamente così che lo considera l’attuale presidente Erdoğan, benché, al contrario di Atatürk, egli rivendichi la sua personale adesione all’islam. Ma lo scontro frontale tra l’AKP, partito del Presidente e il movimento Gülen (dal quale il “leader massimo” proviene ideologicamente), ha inaugurato una degenerazione autoritaria del potere, che ha portato con sé anche un “inquinamento” delle sue credenziali religiose: un governo che dice di avere una sensibilità religiosa e si rivela responsabile di molte azioni riprovevoli, porterebbe le generazioni più giovani a prendere le distanze dalla religione, il tutto in un quadro di secolarizzazione accentuata. Ma è troppo presto per capire se questo sia un processo irreversibile, ad esempio, anche se l’attuale regime dovesse cadere (prospettiva per la verità non così immediata).


Claudio Monge
NP agosto / settembre 2022

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