Senza dimora

Pubblicato il 11-09-2021

di Fabrizio Floris

La precarietà attraversa tutte le fasi della vita, per alcuni con il passare degli anni diventa una condizione permanente, esistenziale, ma quando non hai neanche il miraggio di un approdo diventa errante. Sbatti a destra e sinistra come la pallina di un flipper. Piano piano si mettono in fila solitudine, bollette da pagare, sfiducia e assenza di lavoro. Vivi in un mondo fatto di zolle poggiate sull'acqua. Ogni giornata, ogni ora, è una zolla ed è difficile tenerle assieme. Si allontanano e tieni un piede su una e sull'altra e poi cadi in acqua. Finisci in strada, che non è terra ferma, ma precipizio.

Un baratro a cui arrivano in tanti, almeno 2mila nella sola Torino, percorsi diversi, un unico approdo. Questi percorsi diversi richiedono strategie diverse, strade diverse, per alcuni può essere utile una "stretta forte" se stai precipitando non c'è tempo di stare a chiedere, proporre, occorre salvarti. Per altri servono relazioni di affetto, gesti quotidiani, come quelli del Piccolo Principe con la volpe, abbracci e strette di mano ripetute, per mesi, a volte anni. Questo per dire che è pericoloso imboccare una sola strada, non c'è una standardizzazione possibile dei percorsi, ma fatica quotidiana, dove il rispetto non consiste nel lasciare le persone libere di dormire in strada perché la vita sulla strada è corrosiva, destrutturante, distruttiva: la strada porta alla morte, sia essa improvvisa o lenta. Il potenziale di lotta, già molto minato, diminuisce giorno dopo giorno. Allo stesso modo la forza va valutata con attenzione soprattutto quando sono presenti patologie psichiatriche. È un tema che andrebbe rimesso al centro dell'attenzione, non per creare schiere di tifosi, ma per mettere in atto azioni, politiche e valutarne obiettivamente i risultati.

Ad esempio i progetti di Housing First (Prima la Casa) ribaltano completamente la prospettiva di sostegno alle persone senza dimora incentrata perlopiù all'interno di un percorso evoluzionistico che procede dall'accoglienza in bassa soglia, per poi transitare in dormitori più stabili e poi in un alloggio di risocializzazione e infine alla casa. L'Housing First segue un percorso dove si inizia con la casa e i risultati sull'uscita dalla strada sono incoraggianti: in 8 casi su 10 la persona esce dall'isolamento, stabilizza il proprio benessere psico-fisico, si prende cura della propria salute, si impegna in attività di training e occupazioni (piccoli lavoretti), di svago ed in molti casi riprende i legami con familiari e amici. E fatto non secondario il costo è anche inferiore rispetto ai percorsi del dormitorio. Trarne le conseguenze non è cortesia, è politica.

 

Fabrizio Floris

NP maggio 2021

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