Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

Pubblicato il 10-08-2021

di Carlo Degiacomi

Alcune parole ci accompagneranno per molto tempo: transizione ecologica, sostenibilità ambientale, sociale, economica; innovazione a misura di ambiente.
Sono aspetti della stessa urgenza di ridisegnare le pri- orità strategiche del futuro in Italia, in Europa, nel mondo. Partiamo dal Ministero della Transizione ecologica del Governo Draghi.

Un economista francese Gael Girard ha pubblicato un libro nel 2012 con il titolo Transizione ecologica; in cui spiega che è il processo grazie al quale le nostre società potrebbero passare da un’organizzazione economica basata essenzialmente sul consumo di energie fossili con le loro emissioni di CO2 e altri gas serra, ad un’economia sempre più sostenibile.
L’idea del Ministero è copiata dalla Francia dove all’insediamento del presidente Macron è stato istituito un "Ministère de la transition écologique".

Un super ministro dell’ambiente che ha accorpato competenze come le politiche energetiche, temi della mobilità oggi in Italia appartenenti al ministero dei trasporti e delle infrastrutture; le politiche abitative sia sociali che energetiche appartenenti al ministero dello sviluppo; alcune competenze del ministero dell’agricoltura. Energia, trasporti, edilizia, produzione di alimenti sono le principali fonti di emissioni di CO2. L’aspetto istituzionale c’è stato nell’esperienza francese, ma nonostante questo si sono susseguiti ben 4 ministri in 4 anni. Oggi è ministro Barbara Pompili, con larga esperienza nei Verdi.

Il primo punto è la capacità di lavorare insieme sulle funzioni governative che hanno maggiore impatto sull’ambiente e sulle lotta ai cambiamenti climatici.
Lo si vedrà ad esempio nella scrittura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Il cambio di passo di un ministero dell'ambiente "classico" vuol dire passare da un comp i - to di proteggere l'ambiente dallo sviluppo, ad aiutare e promuovere uno sviluppo che non può esserci senza sostenibilità e innovazioni orientate ad essa.

Il secondo punto: promuovere significativi investimenti pubblici e privati per l'ambiente riguarda i cambiamenti climatici e l’energia, la capacità di indirizzare le aziende in investimenti Green, economia circolare, processi produttivi più sostenibili, prodotti più rispettosi… Un dato importante è stato appena diffuso dalla ricerca annuale GreenItaly 2020. Le aziende (432mila) dell’industria e servizi che hanno investito negli ultimi 5 anni (2015/2019) innovazioni di prodotti e tecnologie Green (es. efficienza energetica, fonti rinnovabili, taglio consumi materie e rifiuti, utilizzo materie riciclate, riduzione sostanze inquinanti…) hanno avuto più resilienza e aspetti positivi dentro la crisi della pandemia in termini di fatturati, ordini, esportazione, occupazione.

Il terzo punto: indirizzare giustamente i finanziamenti europei, ma servono anche delle profonde riforme. Lo scrivono anche le associazioni ecologiste a partire da Legambiente: «Si va dalle necessarie semplificazioni per velocizzare l’iter autorizzativo dei progetti di economia verde al miglioramento qualitativo dei controlli ambientali per combattere la concorrenza sleale, dall’aumento delle competenze della pubblica amministrazione alla nuova legge sul dibattito pubblico per prevenire le contestazioni e aumentare la condivisione di cittadini e istituzioni locali».
Sullo sfondo, ma importante, il dibattito presente in molti Paesi di introdurre lo sviluppo sostenibile e la lotta ai cambiamenti climatici nella Costituzione. Un aspetto insieme culturale e di diritto in linea con le nuove impostazioni europee.


Carlo Degiacomi
NP aprile 2021

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