Perseguitati

Pubblicato il 21-09-2021

di Nello Scavo

È proprio necessario rischiare la vita, o farla rischiare ad altri, per far circolare clandestinamente la Bibbia? Non si potrebbe mantenere viva la fede accontentandosi di una trasmissione orale rimandando a tempi migliori lo studio approfondito dei testi sacri? «In Occidente molti tendono a separare la conoscenza biblica dall'azione che essa richiede, cioè dalla vita quotidiana. La Chiesa perseguitata non può permettersi di separare le due cose. Operiamo ancora in case sicure in Cina, dove "discepoliamo" cristiani nordcoreani. Non posso condividerne i dettagli, ma stiamo avendo incredibili frutti. Quei discepoli, quando vengono arrestati, non crollano ma rimangono fedeli fino alla fine». Le parole di uno degli "infiltrati" della fede possono sorprendere solo chi non ha a che fare con questi silenziosi e anonimi eroi della cristianità.

In mancanza di riscontri diretti è difficile dire se davvero davanti agli aguzzini qualcuno non crolli. Malgrado tutto, non si può dire che la fede sia sparita dalla Corea del Nord. Intere famiglie sono state imprigionate, torturate e anche uccise perché un membro ha rifiutato di rinunciare alla sua fede. Anche i collaboratori di "Porte Aperte", l'organizzazione nordamericana sparsa in tutto il mondo, devono rinunciare alla loro vita per lavorare sotto copertura. «Condividere il Vangelo con qualcuno, sapendo che a causa di esso lui o lei può essere ucciso, è una responsabilità che dobbiamo assumerci», dice uno di loro. Ma ne vale davvero la pena? «Vi racconterò una storia vera di una famiglia in Corea del Nord. Molti anni fa, la loro fede è stata "esposta" e da allora sono diventati schiavi in un campo di prigionia». Una volta rilasciati hanno raccontato al nostro interlocutore come si erano sentiti. «Abbiamo pensato che Dio ci avesse dimenticato. Come poteva permettere così tanta sofferenza? Di notte dovevamo cercare il cibo per sopravvivere. Certi giorni, abbiamo pensato di rinnegare la nostra fede». Non lo hanno fatto. Tempo dopo sono tornati a casa dove, ancora in clandestinità, continuano a pregare Gesù.

Retta da una dittatura totalitaria che si ispira ai principi dello stalinismo, la Corea del Nord è da generazioni dominata dalla stessa famiglia. Quando un cristiano viene scoperto il regime non si limita a punire il singolo. Tutta la famiglia viene condannata: genitori, nonni, figli. Tutti spediti in campi di lavoro. Le storie che trapelano dai pochissimi fuggitivi sopravvissuti sono agghiaccianti. Ai cristiani viene fatto un vero lavaggio del cervello. Sostituendo i dieci comandamenti del vecchio testamento con quelli che Kim Joung-un ha vergato per i dannati dei lager di Yodok, Bukchang, Kaechon e Chongori. I più fortunati vengono rilasciati anni dopo, quando considerati pienamente "rieducati". Gli altri vengono spediti a vita nelle "zone di controllo totale". Alcuni hanno raccontato di avere visto prigionieri mutilati, altri sfigurati dalle torture. Il lavoro è svolto in gruppi e chiunque infrange una regola viene punito selvaggiamente. Devono essere i compagni di prigionia, sotto lo sguardo dei militari, a punire brutalmente chi ha violato i "comandamenti". I rapporti sessuali sono vietati, tranne che per i "prigionieri modello". I neonati che nascono da relazioni clandestine vengono immediatamente soppressi e se una donna viene scoperta con una "gravidanza non autorizzata", viene costretta all'aborto.

I 10 comandamenti di Kim Jong-un sono facili da ricordare: non scappare; vietato l'assembramento di tre o più prigionieri; non rubare; obbedisci agli ordini delle guardie; avvisa subito quando vedi un estraneo o una persona sospetta; controllare gli altri e fare subito rapporto sui comportamenti insoliti di altri prigionieri; svolgere interamente tutti i compiti assegnati; i contatti tra uomini e donne, salvo necessità di lavoro autorizzate, sono vietati; pentirsi sinceramente dei propri errori; immediatamente fucilazione per chi viola le leggi del campo. Il cristianesimo è considerato uno dei principali nemici della tirannia. Dal poco che trapela, si è appreso che negli anni scorsi sono state "epurate" centinaia di persone accusate di avere cospirato per far cadere il regime creando 500 comunità familiari clandestine. In altre parole, per essersi riuniti in preghiera a piccoli gruppi. Kim Jung-wook, un cittadino sudcoreano arrestato e accusato di aver creato comunità cristiane familiari clandestine era un missionario cristiano-battista, sarebbe stato addirittura rapito da agenti nordcoreani in territorio cinese, nella città di confine Dandong e portato in Corea del Nord. Di lui non si hanno notizie da anni. Il cristianesimo è una religione intrinsecamente incompatibile con qualsiasi forma di autoritarismo. La tirannide nordcoreana non può perciò permettersi l'espansione di una simile minaccia.

 

Nello Scavo
NP maggio 2021

 

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